Nonostante non ami la leadership israeliana, che mi pare complessivamente di rara pochezza politica (che siano il laburista Barak, la centrista Livni o il destro Netanyahu);
nonostante l’attacco sfrutti uno dei soliti furbi interstizi della politica internazionale (un mese alle elezioni in Israele, transizione presidenziale negli Usa, festività natalizie nella Ue, crisi del gas nell’Europa dell’Est);
nonostante creda che Israele ha continuato pervicacemente a sbagliare strategia, anche quando lo vedeva un cieco che per battere Hamas bisognava “usare” la politica palestinese e per esempio scarcerare Barghouti;
nonostante capisca perché Hamas ha vinto le elezioni del 2006 contro i semi-mafiosi di Fatah;
nonostante le “solite” foto di bambini morti, che mi fanno male e mi fanno incazzare, anche, perché i bambini purtroppo sono le vittime di tutte le guerre, e non solo quelle di Israele;
nonostante tutto questo e altro ancora,
non riesco, francamente, a trovare mezza parola per condannare l’operazione militare israeliana a Gaza. Anche se spero che termini rapidamente, ma con successo.
Hamas ha giocato col fuoco, e si sta bruciando. I suoi elettori stanno sperimentando con sofferenza che sbagliare non è gratis.