“…tra cui una soldatessa”. Interessante, il titolo di Repubblica online sull’attacco al veicolo blindato (leggermente blindato) dell’esercito italiano in Afghanistan. Ci sono due morti e due feriti, però il giornale sente di dover precisare: c’è anche una donna tra le casualties. Così l’effetto è più drammatico?
Curioso. Eppure sono un bel po’ d’anni che in Italia, per non parlare di altri paesi, il mestiere delle armi è aperto anche alle donne.
Donne che sono in fondo un po’ uomini, sembra pensare una mia collega, che continua a scrivere “uomini” invece che soldati, e che trova una precisazione formalistica (di quelle che facciamo noi radical perditempo) il fatto che le parole “donna” e “uomo” abbiano due significati piuttosto diversi.
E’ la stessa ragione per cui le donne in divisa hanno normalmente più visibilità degli uomini negli articoli e sui giornali in genere… e ciò credimi (ne parlo per esperienza diretta) crea solo imbarazzo alle donne che hanno scelto di fare questo mestiere o comunque di indossare una divisa… Sono assolutamente d’accordo con te e credo che lo siano anche le donne – ferite e non – che prima di tutto si sentono soldati (o per essere ancora più corretti, militari, visto che le missioni sono anche interforze). Un caro saluto