La quantità di voti che i Verdi – o gli Ecologisti? Non si capisce più chi sia chi – e Rivoluzione civile pensano di prendere sembra al momento proporzionale agli attacchi giornalieri chei candidati della lista riservano al Pd.
Il quale, naturalmente, non è da meno.
Posso capire perfettamente l’amarezza di esser stati scaricati da Pier Luigi Bersani, dopo aver provato per settimane a farsi imbarcare nell’alleanza. La scelta del Pd è stata quella evidentemente di coprirsi sul fronte “di sinistra” ed ecologista (ma quest’ultimo è certamente un tema minore, per il partito di centrosinistra) con Sinistra Ecologia e Libertà.
Sarebbe bello avere, come in Germania, un grande partito verde alleato (e a volte concorrente) dei socialdemocratici, ma siamo in Italia: gli ecologisti sono rimasti sempre una forza minore, assai minore, il partito dio maggioranza è una sorta di ibrido popolar-social-democratico.
E’ chiaro che la questione dell’Ilva e il modo (scandaloso, aggiungo io, pure se capisco che il problema resta quello di evitare di lasciare 15mila persone senza lavoro e insieme di riconvertire un settore) in cui è stata gestita non hanno aiutato i rapporti. Anzi, li hanno peggiorati.
La guerra è stata aspra, tra Verdi e Sel, e si è combattuta sia aTaranto che nelle elezioni amministrative, dove le due formazioni spesso non erano alleate. Pur essendo teoricamente le più vicine tra loro. Al massimo, partecipavano a coalizioni di centrosinistra.
La stagione di “terzismo” (per così dire) dei Verdi, che si dovevano autonomizzare dalla sempre cosiddetta “sinistra radicale” è durata poco (e dire che su quello si è consumata la rottura nel partito).
E’ finita che la costituente ecologista si è persa per strada – la confusione tra verdi ed ecologisti è il sintomo più chiaro – che il Sole che ride prima ha partecipato a un cartello referendario, quello sull’articolo 18, insieme alla vecchia sinistra radicale con i diepietristi; E ora partecipa a un cartello elettorale che punta a eleggere due-tre persone (Angelo Bonelli e Stefano Leoni) e ormai si accanisce nella propria lotta contro il Pd e Sel.
Ritenendo così di prendere qualche voto in più.
L’ipotesi di desistenza poteva essere essere contrattata meglio, anche dal Pd. Ma i verdi-o-come-si-chiamano potevano, dovevano fare, e indurre Ingroia a fare, una considerazione di tipo strategico: è meglio presentare liste che rischiano di non superare la soglia al Senato o impedire che la vittoria del centrosinistra sia zoppa? E’ meno peggio, non dico meglio, il centrosinistra o il centro montiano?
La risposta di Ingroia e di quel che resta dei verdi è, in sostanza, che è meglio (o meno pericoloso) Berlusconi che Monti, dopo averci (lo posso dire?) rotto le palle per anni su Berlusconi qui, Berlusconi lì, il regime, etc.
E paradossalmente in questo modo si avvicina proprio la possibilità di un’alleanza con Monti, perché è il rischio che si corre con una vittoria zoppa (anche se io spero personalmente nella possibilità di un’intesa “mobile” con i grillini, almeno sulle cose più importanti e civili).
Tutto questo con un risultato che , nel migliore dei casi, dovrebbe essere quello dell’elezione appunto di Bonelli e Leoni. Incaricati, si immagina, del compito storico di rifondare, per la decima volta almeno, il Sole che ride.
Garantendosi un seggio, ovviamente.
Sarebbe stato il caso – e forse, chissà, lo sarà anche dopo le elezioni – di ragionare strategicamente sulla necessità di una politica ecologista in Italia. Che per esserci, deve essere organizzata, strutturata, in una formazione politica.
E sarebbe stato il caso anche di mettere da parte le rivalità personali – anche in modo unilaterale: la politica ha bisogno anche di gesti – per costruire questa possibilità. Anche non presentandosi alle elezioni, e raccogliendo dopo il voto i risultati di una altra – e alta – credibilità.
Domani, invece, per combinare qualcosa, bisognerà fare tabula rasa di dirigenti bruciati.