Ho ascoltato un sacco di musica nuova in queste ultime settimane, ma sempre poca rispetto a tutte le nuove uscite. Alcuni album li ho visti poi nelle recensioni di Internazionale, con giudizi che mi trovano spesso d’accordo (gusti confomisti radical chic? Chissà).
Comincio da Beating Heart: Malawi, perché l’incrocio tra musica africana ed elettronica è una mia vecchia fissa. Questo album, che coinvolge diversi gruppi e artisti (c’è anche un pezzo in cui compaiono i Rudimental), trae origine dalle registrazioni effettuate per decenni nell’Africa Sub-sahariana da Hugh Tracey attorno a cui sono stati costruiti pezzi nuovi, molto ritmici.
Suona afro ma è in realtà prodotto di un mix culturale e musicale Cosmic Unity, il disco di Family Atlantica (gruppo con base a Londra) che mette insieme ritmi del sud, fiati, elettronica. Provate pezzi diversi come Cacao – o Baiao Infinito -Blue Atlantic (che sembra blues sub-sahariano) od Okoroba.
Non riesco ancora a decifare bene il disco novo di Dj Shadow, The Mountain Will Fall (invece di andare da Maometto), un disco di hip-hop abbastanza strumentale che forse merita un ascolto più attento (dipende molto da dove e come ascolti la musica, e io la ascolto soprattutto facendo jogging e andando in scooter…).
I Want It To Be di Omar è un EP interessante, in particolare la title track, di quello che si chiama neo-soul, anche se lui è sulla scena ormai da 30 anni (forse ricorderete una canzone che si chiamava There’s Nothing Like This) e se la traccia in particolare richiama cose antiche, tipo Gil Scott Heron. E’ invece piuttosto insignificante il remix della stessa canzone fatto da Scratch Professer.
E’ da sentire anche l’EP di Speech Dabelle , quattro canzoni che vanno sotto il titolo Breathe, che comunque suonano come l’ultimo album della cantante britannica.
Cambiando decisamente genere, Um Chagga Lagga è un’interessante anticipazione dell’album nuovo dei Pixies che uscirà a fine settembre. Il gruppo Usa alternative ha una storia tormentata: esistono da 30 anni, hanno avuto pause di anni, cambiato formazione, etc. Sono relativamente poco noti in patria, ma parecchio in Europa (oddio, parecchio forse no, però tra critici e pubblico più specializzato sì).
Ho ascoltato un po’ di volte Summer 08, l’album dei Metronomy (gruppo che non conoscevo). Non male, già dalla prima traccia (“Back Together”), ma mi ricordano un po’ il suono degli LCD Soundsystem. Sul fronte dell’elettronica, c’è anche il nuovo EP di Aphex Twin, Cheetah, che è una collezione di brani recenti, molto più da ascolto che i classici del prolifico compositore Richard David James (se non conoscete Aphex Twin, sulla scena dagli anni 90, vi manca un pezzo di musica contemporanea importante, anche se porbabilmente non riteniate che sia musica, quella lì…)
Cito rapidamente gli austrialiani The Avalanches, gruppo australiano alternative che usa un sacco di campionamenti e suoni elettronici anche in questo Wildflower (sentite “Frankie Sinatra”), che va bene anche da ballare. Nonostante le recensioni positive lette in genere, mi ha lasciato per il momento un po’ freddo The Bride, il disco di Bat for Lashes, nome d’arte della cantante britannica Natasha Khan. Bella voce ma non riesco a tenere a mente le melodie (è il mio coté pop che ama i ritornelli) , ma necessitano altri ascolti.
Segnalo invece Ibifornia di Cassius, duo francese di dance che gira ormai da un ventennio (dovreste ricordarvi 1999: no, non quella di Prince). Bel disco. c’è anche Cat Power in un paio di canzoni. Potreste aver sentito alla radio Go Up, per esempio, con la voce di Pharrell Williams. Niente di speciale invece Moog For Love dei Disclosure, gruppo molto incensato per il precedente Caracal.
Al volo, qualche bel singolo: This Is London, del rapper Akala (ma non è rap: e Akala usa anche il nome Makola, se lo cercate su Apple Music); Our Love di Samm Henshaw, un pezzo di R’n’B che pare uscito dagli anni 60; Life Itself, dei Glass Animals, una nuova band britannica, che pare un pezzo indiano, all’inizio, e poi diventa dance.