Non mi piacciono i confini, gli inni e le bandiere nazionali, ma se dovessi definirmi sulla base di una certa affinità elettiva direi che sono, soprattutto, romano ed europeo. Perché credo che l’aria della città renda liberi e ho insieme una formazione europea, un background politico, culturale, economico soprattutto europeo.
Questo non significa che pensi a un’Europa da difendere con i muri, né che dimentichi quello che l’Europa è stata per secoli: un luogo di guerre sanguinose e di imperialismo. Ma non credo che abbia rappresentanto soltanto questo e non guardo a noi europei come i cattivi del pianeta che ora debbono mettersi a capo chino e battersi il petto.
Non basterebbe neanche un po’, peraltro.
Credo che l’Europa debba unirsi il più rapidamente e compiutamente possibile. È singolare, scriveva qualcuno, che l’Europa venga percepita in quasi tutto il resto del mondo come un corpo unico e che invece spesso noi europei ci percepiamo così divisi.
È un discorso da élite? Nell’Europa dei low cost, della generazione Erasmus e prima ancora di quella Interrail, ma anche solo nell’Europa dei prodotti di largo consumo e dei consumatori, non credo.
Unirci per fare cosa? Per esempio, per agire insieme contro il cambiamento climatico e aiutare i paesi più poveri (alla cui povertà abbiamo spesso contribuito) ad adattarsi ad esso. Per promuovere la pace e la giustizia sociale. Sapete, quel genere di cose lì.
Senza unione politica ci sarà solo un grande mercato, con buona pace dei sovranisti di destra e sinistra (direi di destra tout court, in fondo). Perché le dimensioni transnazionali dei fenomeni (il cambiamento climatico, ma anche la finanziarizzazione dell’economia e comunque il potere di alcune aziende-monstre) non si controllano o combattono tornando agli stati-nazione.
L’euro, tanto per fare un esempio, non funziona bene non perché c’è un eccesso di unità, ma per un deficit di condivisione. La Ue è ancora troppo intergovernativa, per fare un altro esempio, e un Parlamento europeo in grado di eleggere davvero un esecutivo è una soluzione migliore. Un’Europa federale, fatta di poteri centrali più forti e di ampia autonomia locale, dovrebbe essere il nostro obiettivo minimo subito.
Quello dell’Europa unita non è un destino certo. Non ho mai creduto all’inarrestabilità del progresso (che è un concetto nato con la rivoluzione industriale), anche se storicamente c’è una certa tendenza all’ampliamento delle comunità, spesso praticato con mezzi violenti.
Mi preoccupa invece il rischio di nazionalismi e imperialismi grandi e piccoli, che sono una trappola soprattutto per i lavoratori e per le persone più deboli. L’Unione Europea è nata dopo una guerra disastrosa, è stata una conquista. Ora facciamo un’altra tappa.
una visione ottimista e di sinistra, anch’io ovviamente spero che la ragione prevalga sulla forza e che l’unione dei popoli sconfigga il grande capitale perverso, sfruttatore e inquinatore. La questione l’avevano già posta Marx ed Engels, diciamo, con il motto “proletari di tutto il mondo unitevi”, ma sappiamo come è andata a finire.
inoltre per federare gli stati uniti d’america c’è voluta una guerra sanguinosissima (il più alto numero di morti americani di tutte le guerre) e quelli erano tutti alti biondi con gli occhi azzurri e parlavano la stessa lingua. Insomma non la vedo proprio dietro l’angolo.
ma sono con te avanti con ogni mezzo