I Verdi sono un partito fallito

Dopo che Greta Thunberg si è affacciata al mondo, anche in Italia è cominciata la corsa a cercare di trasformare in voti i consensi alla battaglia dell’adolescente svedese contro i cambiamenti climatici. Ma la questione ha toccato toni surreali quando si è iniziato a discutere della necessità di avere anche da noi un partito ecologista, per il quale esisterebbe uno “spazio”.

Peccato che il partito Verde, evocato da un sondaggista come Giovanni Diamanti e invocato dall’ex presidente di Legambiente Rossella Muroni, una figura emergente nella politica italiana, esista già, almeno dalla fine degli anni Ottanta. 

È quello con il Sole-che-ride nel simbolo – ultima presenza in Parlamento nel 2008 – che si è presentato alle elezioni europee di quest’anno come Europa Verde, prendendo il 2,3% e nessun seggio, dato che per l’Europarlamento c’è lo sbarramento al 4%. Alle regionali in Umbria ha raccolto l’1,4%. Oggi i sondaggi lo danno a livello nazionale intorno all’1,5%, un po’ pochino per parlare della cosiddetta “onda verde” che ha investito altri Paesi europei.

E dire che in questi anni il “Sole”, che è stato anche al governo per due volte con il centrosinistra, ha tentato di tutto. Cartelli elettorali con i socialisti, come la lista “Insieme” nel 2018, finita male (ma ci avevano già provato nel 2001, ed era andata buca anche allora). Alleanze con la “sinistra arcobaleno”, finite in un nulla di fatto. Intese con il sindaco di Napoli De Magistris e l’ex magistrato antimafia Antonino Ingroia (Rivoluzione Civile, anche quella un insuccesso). 

Alle ultime europee i Verdi erano alleati con “Possibile”, ma le strade si sono subito separate. E anche con Green Italia, il gruppo guidato da due “legambientini” ex senatori del Pd, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta, sedotti e abbandonati anni fa da Matteo Renzi. I Verdi e i Green si erano presentati insieme alle Europee già nel 2015, prendendo lo 0,9%. Pochi anni prima, avevano anche tentato di fondersi nella Costituente Ecologista, ma erano volati gli stracci.

Va anche detto che il partito Verde in Italia – che come quello tedesco è nato da ex sessantottini – ha dovuto fare i conti con la concorrenza del Movimento Cinque Stelle che, almeno alle origini, aveva una forte componente ecologista, impersonata dallo stesso Beppe Grillo. Ma va pure ricordato che, come Crono con i suoi figli, i verdi hanno sistematicamente divorato nel corso degli anni i propri leader, che hanno sistematicamente abbandonato il partito dopo aver lasciato la stanza dei bottoni.

E oggi, anche se il “Sole” ha due coportavoce (carica che negli altri partiti corrisponde a quella di co-segretari), Elena Grandi e Matteo Badiali, in tv e sui giornali l’unica voce verde praticamente è quella di Angelo Bonelli, ex capogruppo alla Camera e per anni portavoce, attuale coordinatore unico nazionale.

Quindi, se è vero che per i sondaggi c’è un forte potenziale elettorale ecologista (ma va detto che i verdi hanno avuto per tanti anni una vasta simpatia che andava ben oltre i voti), non si può dire però che ci sia bisogno dei verdi, anche se ora si chiamano “Europa Verde”. Il “Sole” è un partito fallito. Serve proprio un’altra cosa, e non è neanche detto che così funzioni.

(questo post è stato pubblicato originariamente su Huffington Post l’8 novembre 2019)

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