I giornali italiani non ne hanno parlato (almeno mi pare), ma ieri un tribunale belga ha condannato a un anno di carcere – pena sospesa – un uomo di 63 per aver distribuito volantini che negavano l’Olocausto, il genocidio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale a opera dei nazisti.
La Corte ha affermato che Siegfried Verbeke – un negazionista belga, ma di origine tedesca – non ha mostrato rispetto per le vittime dello sterminio nazista, che secondo gli storici ha provocato sei milioni di morti.
Verbeke ha detto di restare convinto al “cento per cento” di quel che ha scritto e detto. Si è anche felicitato di non essere stato bruciato come eretico, ma di essersela cavata solo con un anno di carcere (e la privazione per 10 anni dei diritti politici).
La condanna è stata emessa in base a una legge belga che punisce il negazionismo, considerando l’Olocausto una “verità storica”. Ma serve a qualcosa, condannare le persone per questo? Serve, quando poi il condannato continua comunque a professare le stesse idee? La forza della democrazia non sta proprio nel fatto che non bruciamo gli eretici (anche simbolicamente), come invece Verbeke magari avrebbe fatto, se il potere lo avesse avuto lui?