Ogni anno, puntuali, escono alla scoperto, maledetti nevichisti. Per un po’ di neve a Roma darebbero chissà che, invocano la poesia, il fascino del candido (con lo smog?) mantello, il romanticismo di certi paesaggi. E anche oggi eccoli lì a intonare il loro vudù, a sperare che in nottata il cielo rovesci neve sulla città.
Molto, molto pittoresco. Bleah. Quella neve che non è mai densa, ma solo acquosa e sporca. E quando invece una densità l’assume, è solo per poco, per poi lasciare le sue tracce zozze per una settimana. Quel fango melmoso che ti sporca le scarpe, che ti fa scivolare. Quell’umidità che ti fa coprire solo per poi doverti scoprire.
E poi, la circolazione in tilt. Perchè non è più come un tempo, non resti a casa a fare omini di neve che si sciolgono con la stessa rapidità che una scureggia impiega a perdersi nell’aere. No, devi andare a lavorare, comunque, con quell’altra massa di disgraziati, che sospirano lottando con la schiezza bianco-sporca.
Ma andate in montagna, nevichisti di merda.