Premessa antipatica. A me la parola socialismo ricorda o il socialismo reale o quello, più realista del re, del Psi. E non m’appassionano certi discorsi sulla collocazione internazionale del Coso o della Cosa, come del resto non voterei socialista in un bel po’ di paesi (Francia in primo luogo).
Detto questo, è piuttosto curioso, quasi divertente, vedere il seboso Fabio Mussi – era il tormentone di un fumetto su Linus, ma non ricordo più il nome dell’autore – trattato alla stregua di un ortodosso comunista bulgaro.
I Ds son pieni di esponenti che qualche anno fa – quando Occhetto promosse la nascita del Pds – erano molto fieri di definirsi comunisti democratici (ho sempre pensato che se questi erano democratici, c’era da angosciarsi all’idea di quelli che invece si dicevano solo comunisti…) e che oggi sono fierissimi di dirsi democratici.
Mussi no. Mussi è stato fin d’allora senza esitazioni dalla parte degli “innovatori”. Nonostante il suo peccato di gioventù, l’essere ingraiano (e l’unico, nel 1969, quand’era pischello, a opporsi alla cacciata del gruppo del Manifesto).
Per cui, sorprende oggi veder definire Mussi una specie di nostalgico comunista. Non lo è. Semmai è uno affezionato a questa idea che la sinistra che si dice socialista n Italia debba restare politicamente e organizzativamente autonoma.
Non so quale sarà l’evoluzione della seconda mozione. Immagino che questi compagni si stiano interrogando sull’opportunità di regalare all’Italia un altro partitino del 2%. La mia risposta è no, anche se voto per spesso per un altro partitino ( i Verdi).
Mi pare però, anche appunto dai giudizi piovuti sul seboso Mussi, che l’idea che era alla base di quella breve avventura del 1989-1900, solidificatasi nel Pds, si sia sciolta come neve al sole, anche se era bella e giusta. L’idea di una sinistra diversa, di un partito radicale e democratico di massa.
Di là ci si butta con i democristiani, di qua ci si ridice socialisti.
Peccato.