Una lettrice s’incazza oggi con Liberazione (il cui nuovo formato mi pare abbastanza brutto, anche nei contenuti, ma questo è un altro discorso, da approfondire) perché il quotidiano del Prc non ha scritto una riga sulla storia dell’investimento delle due turiste irlandesi a Roma da parte di un 32enne che poi è fuggito.
E che oggi, dopo gli arresti domiciliari, è poi finito in carcere.
Piero Sansonetti ha risposto fiero della sua scelta concotrocorrente, argomentando su tutt’altro piano, quel del dibattito sul mancato arresto del giovane, con un ragionamento contro “l’anelito all’arresto”. E citando Bolzaneto, per criticare i giornali che non si scompongono, dice, per la mancata punizione inflitta agli agenti.
Una risposta, quella di Sansonetti, che sa di parziale risarcimento ai lettori di Liberazione (che oggi più che mai, colpa della campagna elettorale, s’immagina, sembra un bollettino triste di partito).
Perché la notizia non era tanto l’investimento delle ragazze, poveracce. Quanto tutto il dibattito attorno all’evento. Al fatto se fosse il caso di mandare il tipo ai domiciliari o meno. Alle sue scorribande in video su YouTube. Al fatto che il padre sia un candidato della morigerata Destra di Storace (difficile fare una campagna elettorale di destra law and (dis)order quando tuo figlio diventa protagonista di una storia del genere e si rifiuta di fare il test anti-droga, no?).
Ecco, Di tutto questo Liberazione avrebbe dovuto parlare. Anche per ribadire (e sono pure d’accrodo) che non puoi mandare in carcere sull’onda dell’indignazione popolare una persona che prima (tu, come giustizia) hai deciso di metterlo ai domiciliari, magari.
Con tutti i discorsi pure comprensibili sulla punizione e su Bolzaneto (anche se penso che lì la condanna sia la cosa essenziale, più della mancata punizione).
Sansonetti è peraltro quello, in coppia con Peppino Caldarola, si è inventato sull’Unità il titolo “Scusaci principessa” – facendosi prendere per il culo da mezzo mondo – quando è morta Lady D in quel tunnel di Parigi. Dove nell’intento a farsi scusare dovevano essere i giornalisti, per come avevano trattato fino a quel momento il “fenomeno” Diana Spencer.
Una cazzata allora in un senso, una cazzata oggi in un altro.