Gira che ti rigira, siamo ancora agli anni 60 e alle censure tv dei benpensanti-perbenisti. L’allontanamento di Vauro dalla Rai è esattamente questo. Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi, o i morti (i mortacci, cioè i poracci morti, quelli no, ci si può scherzare). Insomma, la satira va bene, basta che non sia satira.
Ed è da ascrivere allo stesso filone il coro scandalizzato di condanne per la programmazione su Sky di un film che peraltro credo non memorabile, “Shooting Silvio”.
Roba da copione del “Caimano” (le condanne battute ieri dalle agenzie dei vari berluscones, voglio dire).
Non c’entra niente Berlusconi, qui, o meglio c’entra come oggetto del tradizionale servilismo italico (quello del popolo crudele e credulo che dicevo tempo fa).
La satira con il permesso è un ossimoro. Così come è un ossimoro il preteso giornalismo di un tot di trasmissioni tv che ospitano regolarmente talk show politici. Il cui modello è da rintracciare nei programmi pomeridiani o serali in cui si litiga, per finta o meno, in diretta, sui propri affari personali, familiari, di coppia, di muretto.
Intervistare un politico (o un altro soggetto) non significa metterlo in un ring o in un pollaio mediatico a fare caciara cogli altri. Varrebbe la pena avere un personaggio alla volta, per un tempo circoscritto, messo di fronte a una serie di domande precise, documentate, che cercano risposte altrettanto precise e documentate.
Altrimenti, meglio Tribuna Politica. Anzi, sicuramente meglio la formula di TP con il politico incalzato da una serie di giornalisti. Ci saranno sicuramente i servili, gli intimiditi, gli sciocchi, ma anche quelli che invece preferiscono mettere il dito nella piaga.
Se no, in prima erata ridateci i film. O qualche bel documentario, grazie (a parte le trasmissioni come Report: non amo la spocchia Gabanellesca, ma la trasmissione è ben fatta).