Non so se sia mai stata scritta una storia dell’umanità “indoor”, cioè del tempo trascorso in luoghi chiusi – dalle caverne ai grattacieli, passando per i veicoli – e dell’eventuale evoluzione di questo comportamento/costume, anche in relazione alle condizioni climatiche, ma rifletto da tempo sulla quantità di ore che passiamo – noi occidentali contemporanei che viviamo nelle città e con un lavoro nel terziario – sotto un tetto e non all’aria aperta.
A parte le canoniche 8 ore di sonno, c’è il tempo trascorso nella propria abitazione da svegli e quello sul posto di lavoro. Credo che il calcolo arrivi facilmente ad almeno 20 ore, o anche di più.
Anche muoversi in auto o con i trasporti pubblici andrebbe classificato come un’attività “indoor”, perché comunque si resta all’interno di un abitacolo (appunto).
Insomma, possiamo fregiarci a buon diritto del titolo homo internus.
Ci sarebbe da chiedersi qual è la ragione, se riusciamo a identificarla, per cui il nostro ambiente di vita è di fatto artificiale, ammesso che l’opposizione artificiale/naturale sia realmente sensata. Se esso rappresenti un qualche tipo di premio sociale (chi passa più tempo all’esterno? chi svolge lavori manuali, cioè meno retribuiti), se comporti un qualche tipo di pericolo o, viceversa, sia un passaggio evolutivo.
Tra l’altro, apparentemente – e ammesso che ci sia un legame tra le due cose – più tempo passiamo all’interno più rivendichiamo, negli ultimi anni, cibo naturale (bio), materiali naturali e via naturaleggiando. E’ una sorta di compensazione per la mancanza di vita en plein air?
Molto originale la tua definizione di “homus internus”;non è detto che tra qualche secolo ( ammesso che esista ancora l’umanità, non venga inserita in qualche ebook di storia insieme alle altre tipologie di uomini che ci hanno preceduto. 🙂
Per quanto riguarda la ricerca del naturale penso che sia dovuta principalmente al dilagare di notizie allarmanti sull’inquinamento dell’atmosfera e del suolo.
Un saluto
Peraltro, esponendoci a una carenza di vitamina D.
Va bene, ok, mi hai convinto. Metto un maglione in più, inforco il Barbour e vado a sistemare la legnaia. La potatura è quasi finita e ho mucchietti di legna sotto ogni albero.
Però pure la campagna, du’ palle!
A dire vero, pure io trovo noiosa la campagna, però tu ci sei andato ad abitare per tua scelta, aho!
Era una citazione che, mi rendo conto, era un tantino alta per un discorso da blog. La prossima volta metto «(cit.)».
Io peraltro, vivo in montagna. La campagna è quella cosa gelata d’inverno e torrida d’estate, in cui si muore di nebbia e zanzare.
Non male come osservazione. Ciao