Mal che vada – se non si riuscirà a riformare il sistema di nomina del consiglio di amministrazione Rai cambiando la legge Gasparri, anche soltanto per ridurre il numero dei consiglieri – per l’azienda pubblica rai-tv una soluzione c’è sempre: conquistare la maggioranza del cda.
Lo scrive oggi Repubblica, lo avevano già scritto altri nelle settimane scorse altri, anche Reuters.
Per un mio collega americano, quella di riformare la tv italiana è la vera prova per capire se il il governo tecnico dell’elogiatissimo – all’estero e in patria – professor Mario Monti funziona davvero. Credo che si aspetti un po’ troppo, come del resto molti di noi.
Però, dicevo, quel che ragionevolmente può fare un governo che ha bisogno di una maggioranza in un Parlamento che è quello che è, in quanto a partiti e numeri, è lavorare ai fianchi con un po’ di furbizia.
La Rai oggi è ufficialmente governata da un cda composto da 9 persone. Sette sono elette direttamente dalla Commissione di Vigilanza della Rai (quindi dai partiti). Una è nominata dal ministro dell’Economia, in quanto azionista di maggioranza. Il presidente è indicato dal governo ma deve poi essere eletto con maggioranza qualificata dalla Vigilanza.
Il cda attuale – quello che scade il 28 marzo – è composto da un presidente di centrosinistra, ma sostanzialmente super-partes. Due consiglieri Pd. Un consigliere Udc. Un rappresentante del ministero del Tesoro (nominato da Giulio Tremonti, e in quota Pdl). Un consigliere della Lega e tre consiglieri Pdl.
Oggi, dopo la scissione nel Pdl, l’attuale Vigilanza è in parità:
20 parlamentari a pdl e Lega, 20 a centrosinistra e terzo polisti.Ogni membro può votare una sola preferenza, per eleggere i consiglieri del cda.
Il Pd ha annunciato che senza riforme non indicherà “propri consiglieri” (anche se poi tre settimane fa il capogruppo Pd in Vigilanza mi diceva che non è detto che sia veramente così…). Il che però non esclude, anzi, che voti “consiglierei tecnici”, cioè indicati da Monti e compagnia. Così come l’Udc.
Se così fosse, Monti potrebbe contare in Rai al minimo su 4 consiglieri: tre “politici” e uno nominato da lui stesso in quanto ministro del Tesoro. Senza contare ovviamente il presidente bipartisan (e il direttore generale, scelto di solito dal governo)
La situazione in Vigilanza, però, fa sì che lo scenario potrebbe essere diverso e più favorevole per Monti. Per eleggere un loro consigliere, infatti, i leghisti hanno bisogno di un prestito di voti dal Pdl, il quale però potrebbe in questo modo avere problemi a eleggerne tre, come nel cda in scadenza. Dunque, Monti potrebbe contare alla fine su 5 consiglieri, con 3 all’alleanza Pdl-Lega Nord (perché in fatto di tv i due partiti restano alleati.
Ovviamente il Pdl farebbe casino sul nome del presidente e anche sul dg, cercando di tirare la corda. Però, tutto sarebbe più facile se il governo facesse marcia indietro sul congelamento del beauty contest per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze tv liberate dal digitale terrestre (che sarebbero andate a Mediaset e Rai senza esborso di un euro).
Non è che l’esecutivo abbia di fronte a sé possibilità infinite, per questo. Però potrebbe decidere di rinunciare alla gara o anche di tenere tutte le frequenze nella disponibilità del ministero del Tesoro. In questo caso almeno non creerebbe problemi a Mediaset, che giusto ieri, con Confalonieri, è andato a piangere miseria da Monti.