Via Salandra è una relativamente piccola strada di Roma che prende il nome da un presidente del Consiglio, il conservatore Antonio Salandra, che forse è ricordato soprattutto per aver portato l’Italia nella Prima Guerra Mondiale.
Via Salandra parte da via XX settembre e arriva a via Carducci, incrociando via Flavia, dove ha sede il ministero del Lavoro. Ogni mattina su quella strada passa una rilevante quantità di traffico, tra auto e moto, taxi, furgoni e perfino bus, che proviene da piazza della Repubblica.
Una strada che però è un budello, perché è stretta, e perché nonostante sia stretta è piena di auto parcheggiate in divieto di sosta.
Via Salandra è anche nota, ma non a tutti, perché lì c’è da anni la sede nazionale dei Verdi, pur se il Sole-che-ride vorrebbe venderla per fare cassa.
Perché parlo di via Salandra? Perché purtroppo è un esempio della dicotomia tra il dire e il fare della politica. Non di tutta la politica per definizione, né di quella italiana, ma in questo caso almeno di quella ecologista romana.
L’impegno contro l’inquinamento e il traffico è, almeno nei titoli, uno dei principali punti di lotta politica dei verdi (che oggi sono parte degli ecologisti & civici).
Nei fatti, però, se la strada dove hai la tua sede nazionale è un budello di traffico impazzito ostaggio di automobilisti che parcheggiano incuranti delle regole, senza che un vigile urbano metta mai il naso (ci passo tutti i giorni in moto a orari di punta, dunque sono un testimone abbastanza attendibile), be’, diciamo che fai una figura di merda. Perché non sei manco capace di fare qualcosa nel tuo piccolo.
(ps: me la sto prendendo da un po’ coi verdi, lo so, ma è davvero per affetto)
Manca una parola: “Via Salandra è una relativamente strada” piccola? Grande? Vecchia? Nuova? Colorata?
piccola, sorry. Ho corretto nel testo
Meno male che MDG c’è: sapevo mica che quella si chiamasse via Salandra. La descrizione, però, era perfetta. Impossibile pensare ad un altro ingorgo continuo come quello.
Però sarebbe ora che ti arrendessi: le città sono irriformabili. Saranno sempre sporche, rumorose, trafficate. E sì, lo è anche Zurigo. Di meno? Forse. Ma l’utopia delle città con soli bus elettrici, che riciclano e non sprecano e accolgono e fanno da fulcro di chissà quale sviluppo è solo quel che è: una utopia.
Ti piace il verde, l’aria pulita, il cinguettio delle bestioline alate? Te devi da move. L’uomo, ammucchiato ai suoi simili, genera più merda di quanto sappia smaltirne.
“Te devi da move” da sola e’ gi una frase monumento.
Per io so’ pigro e preferisco cambiare er posto andosto’, invece che annammene.
Lo capisco. Ma allora dovresti avere un altro pazzo come Mussolini che tira giù la Roma storica e la ricostruisce con torri attrezzate di pannelli fotovoltaici, impianti di riscaldamento e raffreddamento sostenibili e tutti gli strumenti di edilizia biocompatibile vari ed eventuali. Una città di vetro e cemento armato come Berlino.
Un posto ancor meno appetibile di quanto non sia ora. Almeno dal mio punto di vista, è chiaro.