Qualche mio amico non ha gradito un sarcastico post che ho lasciato su Facebook in cui invitavo gli imprenditori “suicidandi” a manifestare meglio le proprie intenzioni per non confondere la stampa.
Non tutti apprezzano sempre lo scherzo senza confini, e lo considerano scherno in certe circostanze. Sia. Io non scherzavo tanto sui suicidi, quanto sull’uso che ne fanno i media.
Un uso prevedibile, a ondate, come per gli stupri, le violenze commesse da immigrati, etc etc. Tutto questo crea una percezione degli eventi che non necessariamente corrisponde alla realtà statistica.
C’è una regia oppure non c’è una regia in questa attenzione? Non lo so, dipende, molto spesso i media – i giornali soprattutto – hanno l’ansia di rincorrersi. Per le tv il discorso è diverso, c’entra molto di più la politica. Però, alla base, va anche considerato il ruolo dell’Ansa, l’agenzia stampa nazionale che ha una copertura capillare del territorio, e che spesso crea o alimenta queste tendenze, dando o meno rilievo ai fatti.
In queste settimane le notizie sui suicidi di imprenditori (un po’ meno quelle di lavoratori precari e disoccupati) sono una costante delle cronache, e delle prime pagine. La vicenda ha provocato anche una polemica politica tra il premier Monti e il Pdl, sulla responsabilità della crisi che ha innescato la catena dei suicidi. Insomma, si tratta di un tema sensibile (anche per l’Agenzia globale totale, che però non è l’Ansa e quindi fatica a stare appresso alla cosa). Nei mesi scorsi si è parlato soprattutto dei suicidi in Grecia, ovviamente citando la questione per sommi capi.
Adesso, l’impressione è che in Italia sia pieno di gente che si suicida perché non riesce più ad andare avanti. Di più, perché è vessata dal fisco e da Equitalia (buuuu) per i debiti.
Il problema vero è che non abbiamo dati, a parte i take dell’Ansa, che sono comunque parziali. Un articolo di Wired uscito l’altro ieri – e subito ripreso dai sostenitori della tesi che l’ondata dei suicidi sia una bufala – afferma che “i suicidi non sono aumentati per la crisi”, però cita uno studio Istat i cui dati risalgono al 2010 e per le “38 morti dichiarate” del 2012 non cita fonti (le agenzia di stampa? Se fosse così, stiamo freschi, visto, come dicevo, l’andamento erratico nella raccolta delle notizie). E l’articolo afferma al tempo stesso – citando un ricercatore Istat – che di solito non si conosce la causa di un terzo dei suicidi ogni anno.
L’articolo poi mette insieme qualche “perla”, tipo quella che in Grecia si registrano poco più della metà dei suicidi in Italia: ineccepebile, solo che i raffronti si fanno percentualmente, non in numero assoluto, vista la differenza di popolazione.
E lo stesso vale quando si parla di paesi dell’Europa del nord o del centro, dove peraltro si parla spesso di fattore climatico all’origine del maggior numero dei suicidi (vai poi a sapere se è vero).
Insomma, a occhio potremmo dire che “sappiamo di non sapere”. Solo che i media hanno orrore del vuoto, e anche per questa malattia dei numeri che dovrebbe validare le notizie, si lanciano su tutti i rapporti possibili, basta che dicano qualcosa che faccia rumore. E’ per questo, per esempio, che si è dato per anni importanza a una roba tipo il Telefono Blu e i suoi fantasiosi comunicati sui flussi di traffico e turisti.