Primo, che un partito possa vincere anche perché una parte dell’elettorato altrui decida di votarlo è cosa così normale da rasentare la banalità, e non si capisce perché un candidato non debba appunto appellarsi agli “elettori hanno sbagliato” (per così dire) senza che questo provochi un dibattito pallosissimo e infinito.
Secondo, ogni tanto occorre che qualcuno si assuma le proprie responsabilità. Se il voto è libero e segreto, non si può pensare che andare a votare per le primarie di un partito sia un gesto totalmente anonimo, proprio perché si decide di partecipare a una decisione di una parte, non di votare per una istituzione.
Quindi è normale chiedere a un aspirante elettore i propri dati, e anche mettere questi dati in un registro pubblico (nei paesi dove le primarie sono codificate esiste spesso anche un registro degli elettori a cui iscriversi prima del voto).
Il che poi ovviamente non esclude ripensamenti né il voto alle elezioni per un altro partito, comunque.
Terzo, il vero casino a cui il Pd dovrebbe mettere mano è quello del voto per le cariche di partito, che invece dovrebbe essere lasciato solo a chi è iscritto.
Non si capisce altrimenti per quale motivo un militante di partito abbia paradossalmente meno diritti di un simpatizzante o comunque di una persone non iscritta, che può anche stare in panciolle tutto l’anno e poi però contribuisce a decidere chi è che dà la linea al partito.
Il simpatizzante può invece giustamente andare a votare alle primarie per i vari candidati del partito – o della coalizione – nelle istituzioni.