L’Italia spiegata con Twilight

No. Non me lo dite. Per voi Twilight è sinonimo di letteratura minore per adolescenti, o di incomprensibile successo editoriale. Certo, parla di soprannaturale, ma è un soprannaturale addomesticato, dice non senza ottime ragioni qualcuno. E vuoi mettere con Harry Potter? Non è così intellettuale, cool, aggiunge qualcun altro. Anche se a onor del vero all’inizio, prima della definitiva consacrazione, erano in tanti a storcere il naso di fronte a libri così infantili che parlavano di un maghetto. Pfiu.
D’accordo. Potrei dirvi che avrebbe un senso comunque dare un’occhiata a quello che leggono i vostri figli o nipoti o cugini, per farvi un’idea di quale è il loro immaginario, e anche che i quattro libri della serie mostrano una certa interessante progressione narrativa e ideologica. Ma non sono un critico letterario o un esperto di età evolutiva.
Quello che invece da lettore italiano – e curioso – della serie di Stephenie Meyer posso dirvi, è che parla anche dell’Italia. Non dell’Italia pizza, spaghetti e mandolino, o della corna di Silvio B. Ma del Paese di vecchi malvagi (o incattiviti) che siamo.

Nell’universo di Twilight l’Italia fa la sua apparizione nel secondo volume, New Moon, quando il vampiro Edward Cullen, il foverer 17enne di cui si innamora la protagonista Bella Swan, si reca a Volterra – la bella cittadina etrusca – per cercare la morte per mano dei Volturi. Edward vuole farla finita perché crede che Bella sia morta. Ma la trama qui non è importante
Concentriamoci sui Volturi, che tornano di passaggio in Eclipse e sono ampiamente presenti in Breaking Dawn, l’ultimo (e definitivo?) volume della serie. Esseri millenari, dalla pelle diafana e dai poteri immensi che sono considerato un po’ come la casa reale dei vampiri. Il compito che si sono assegnati è quello di proteggere la razza imponendo il segreto totale sulla esistenza dei succhiasangue. Un segreto da difendere costi quel che costi.
I Volturi sono ammirati quanto temuti dagli stessi vampiri che difendono. Sanno tutto di tutti i loro “sudditi”. Non grazie ad archivi come quello che recentemente Giulio Andreotti ha donato all’Istituto Sturzo (pur aggiungendo subito dopo che “poi c’è qualcosa che non c’è neppure in quegli archivi…), ma per i loro poteri, appunto, soprannaturali. Oltre che la buona rete di informatori e il corpo di guardia temibilissimo che si sono costruiti nei secoli.
Gli umani che vengano a conoscenza dell’esistenza dei vampiri devono morire. Oppure diventare loro stessi succhiasangue, e dunque complici, oltre che vittime.
Ma anche i vampiri che trasgrediscono alle regole, o che potrebbero farlo, meritano la distruzione.
Il capo dei Volturi è Aro, all’apparenza socievole ma malvagio e avido di potere, capace di leggere il pensiero e innamorato davvero soltanto delle sue collezioni di rarità, che siano oggetti o vampiri con poteri speciali. Accanto a lui stanno Caius, coi suoi istinti militareschi, e Marcus, che rappresenta il tipico potente annoiato, ma capace, come i politici intutivi, di percepire i rapporti tra le persone. Mentre le spose dei capi sono anonime e silenti, come ci si aspetta dalle mogli di un clan (termine che significa famiglia, in gaelico, e che non a caso viene adoperato per definire un gruppo mafioso).
A scorrere i poteri di cui sono dotati gli agenti dei Volturi, poi, sembra di avere a che fare coi servizi segreti. Localizzano, disinformano, seducono, inibiscono, distruggono.
Insomma, i Volturi sono una sorta di super clan mafioso-segreto. Vi ricorda qualcosa, nel Paese dei segreti – e delle stragi – di Stato?

Sarà anche un canone stantio da oppositori paranoici e da scrittori gialli senza fantasia quello dell’Italia paese dei misteri e dei complotti. Prendete “Confine di Stato”, che ne è la più recente e migliore summa letterario-storica, o “Gomorra”, che è invece uno stringente reportage a cui è stata data forma letteraria. Ma sta di fatto che quel canone, del paese vecchio e losco, si accompagna all’immagine bonaria che noi stessi amiamo contrabbandare e a cui spesso gli stranieri vogliono credere. E’ come per la vicenda del senatore Andreotti, che nella pubblicistica straniera si vede spesso dipinto come una irresistibile vecchia canaglia.

Certo, possiamo pure prendercela con l’autrice, ragazzotta americana che – allo stesso modo dei suoi conterranei che ci piace ritrarre come grossolani e un po’ incolti – ha un’immagine distorta dell’Europa e dell’Italia, con la sua storia millenaria che tutti i regimi e i governi vantano.
In fondo gli Stati Uniti sono giovani, e ce lo ha ricordato Barack Obama nel giorno dell’Inauguration, non senza un’autocritica: “Rimaniamo una nazione giovane, ma, nelle parole della Scrittura, è tempo di mettere da parte le cose infantili”.
In fondo l’America “non è un paese per vecchi”, ci ha ammonito Cormac McCarthy.
Ma possiamo anche vederla al rovescio: in fondo, l’Italia è il paese che vanta probabilmente il maggior numero di aziende più antiche del mondo (lo dice appunto la classifica stilata da una rivista americana, Family Business). E siamo anche il paese che ospita la Santa Sede, coi suoi 2000 anni di storia. Insomma, siamo vecchie volpi.

Ps: I Volturi, nella serie di Twilight, saranno sconfitti, ma non distrutti, dai giovani vampiri. Ma non vuole dire niente: probabilmente Stephenie Meyer non ha mai sentito parlare del romanzo “Il Gattopardo” e di quella frase miliare, Cambiare tutto perché nulla cambi.

(pubblicato originariamente su Novamag il 27 gennaio 2009)

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