Due mesi nella vita di Pier Luigi Bersani (e nella storia della Repubblica)

Chissà quanto sono costati tutti quei palloncini, quei coriandoli. Ma più che il costo in euro, certo, va considerato soprattutto lo sforzo di issarli lì, sulla bella volta dell’Acquario romano . La fatica, però, sarà di certo ricompensata dalla gioia, quando il grosso sacco nero si aprirà e – oplà! – il suo contenuto festante e colorato si riverserà sulla folla di dirigenti, giornalisti, militanti e imbucati che affollano l’Acquario Romano, quartier generale del Partito Democratico per le elezioni politiche, il 25 febbraio 2013.

Eccolo lì, quel sacco. Vedete? Lì in alto.

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Invece no. La pioggia di coriandoli e palloncini non ci sarà. Perché il centrosinistra, nonostante le indicazioni della maggior parte dei sondaggi elettorali, non ha vinto. O meglio, si è assicurato la maggioranza alla Camera ma non al Senato, e i numeri che escono dallo spoglio elettorale dicono che neanche l’alleanza con Scelta Civica del premier uscente Mario Monti – promessa o temuta o comunque valutata prima del 24-25 febbraio – basterebbe.

Il sacco nero resta lì, bloccato, ben presto dimenticato col suo carico festante. Anzi, si trasforma in una specie di nuvola nera, col suo monito dall’alto.

Tutti i dirigenti del Pd, ansiosi di commentare la vittoria, spariscono dalla vasta sala. Fa eccezione Matteo Orfini, che fa parte della segreteria del partito e verrà eletto deputato.

Ma  tutti si chiedono quando arriverà Pier Luigi Bersani, il segretario del partito, il candidato premier del centrosinistra.

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Un salto indietro di quattro giorni.

“Non ci si venga a proporre governissimi”, dice  il segretario del Pd nel corso della trasmissione “28 minuti” su Radio2 Rai: “Escludo un governo di unità nazionale perché non è il bene dell’Italia”.

Il giorno successivo è l’ultimo della campagna elettorale, venerdì 22 febbraio. Bersani arriva alla spicciolata, insieme al suo staff, in un altro storico edificio dello stesso quartiere romano, l’Esquilino, che qualcuno chiama non a torto la Chinatown della Capitale. Il teatro Ambra Jovinelli è un posto rassicurante, pieno zeppo di militanti che aspettano il segretario. Fuori, nonostante piova, c’è la ressa, anche davanti al maxischermo. In sala c’è anche Nanni Moretti, il regista, quello della famosa frase “Con questi dirigenti non vinceremo mai”, che risale a più di 10 anni fa, ma che stavolta vuole essere ottimista.

In realtà, Bersani pensava all’inizio a una manifestazione di piazza, in un quartiere vicino. Ma quando si è saputo che il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo aveva prenotato San Giovanni, storica piazza della sinistra – e del sindacato – nella Capitale, ha rinunciato. I maligni dicono per timore di perdere la sfida dei numeri.

Quella sera, infatti, dopo che Bersani se n’è andato dall’Acquario, già assaporando la vittoria al voto, Grillo riempirà per ore la piazza, con uno show interamente politico. Niente musica, solo parole.

Torniamo al 25 febbraio. E’ lunedì. Da poco sono finite le operazioni di voto. Bersani è a casa sua,dopo essere stato a votare il giorno primo a Bettola, il paese in cui è nato e ufficialmente vive, in provincia di Piacenza.

I primi dati che arrivano al QG del Pd dicono che il centrosinistra forse non avrà una vittoria così ampia.
Via via che procede lo spoglio elettorale, e arrivano proiezioni sempre più precise, la situazione peggiora.

riepilogo

E Bersani? Dov’è Bersani? A casa, attorniato da pochi e fidati consiglieri, davanti alla tv, raccontano giornalisti più o meno informati. Però, assicurano gli addetti stampa, a breve arriverà all’Acquario per una dichiarazione.

Passano le ore,  Bersani non si vede traccia. E alla fine l’ufficio stampa avverte che sul palco, per il partito salirà il vice segretario Enrico Letta.

Qualcuno sottolinea che fino alla vigilia delle elezioni Bersani ha ripetuto che lui ci avrebbe “messo la faccia”. Ma il risultato del voto, che si profila come una non-vittoria, o come una sconfitta, se si tiene conto delle premesse, fa dimenticare quella promessa.

Letta sale sul palco dell’Acquario,parla per sei minuti e che dice? Ringrazia i milioni di elettori che hanno votato per il centrosinistra, riconosce che al Senato non c’è maggioranza, spiega che chi vince alla Camera – i risultati non sono ancora chiari in quel momento – “dovrà avere l’onere della responsabilità di fare le prime proposte al capo dello Stato”.

Letta dice che il partito sta riflettendo a 360 gradi, parla della “fatica sociale” dovuta alla crisi e della “credibilità della politica che deve trovare risposte molto forti”.

“Non si può dare speranza raccontando balle.La speranza si basa sulla verità”, dice ancora. E assicura che sarà Bersani a parlare quando i risulati saranno certi.

“Questa sarà una crisi che sarà complessa

da vivere e da gestire”

Bersani si farà vivo in realtà in nottata, mentre circolano voci su un segretario caduto in depressione e che medita le dimissioni. Il Pd, pur essendo il primo partito,  ha perso tre milioni e mezzo di voti dalle elezioni politiche del 2008. Ma la breve nota stampa che arriva dal segretario rivendica al partito il diritto di governare:

“Il centrosinistra ha vinto alla Camera e per numero di voti anche al Senato. E’ evidente a tutti che si apre una situazione delicatissima per il paese. Gestiremo le responsabilita’ che queste elezioni ci hanno dato nell’interesse dell’Italia”

Il 26 febbraio, in tarda mattinata, Bersani arriva all’Acquario. Ha il viso stravolto. Nei primissimi minuti sembra sull’orlo del pianto.

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Poi la tensione piano piano si stempera. Il segretario del Pd propone di dare vita a un “governo per il cambiamento”, senza limiti di tempo, centrato sul lavoro e sulla moralità della politica, e chiede in sostanza l’appoggio del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, respingendo invece l’idea di un “governissimo” col Pdl.

Il segretario propone anche di assegnare al M5S la presidenza di una delle due Camere.

Quella sera, Crozza ha facile gioco a prendere per i fondelli Bersani…

La risposta del MoVimento arriva nella stessa giornata.

47morto-che-parla

E Grillo provoca ancora:

“Se proprio Pd e Pdl ci tengono alla

governabilità possono sempre votare la

fiducia al primo governo M5s”

Bersani risponde a sua volta:

Come noi rispettiamo gli elettori, anche Grillo li rispetti. I numeri li vede anche lui. Non pensi di scappare dalle sue responsabilità con delle battute. Ci si vede in Parlamento
e davanti agli italiani”

Il segretario del Pd, che dopo le elezioni ha lanciato la formula del “governo del cambiamento”,  ora pensa a un esecutivo di scopo, che di fatto è di minoranza. Dice in un’intervista pubblicata dal quotidiano “La Repubblica” il primo marzo.

“Chiamatelo come volete: governo di minoranza, governo di scopo, non mi interessa. Mercoledì prossimo lo proporrò alla direzione, poi al Capo dello Stato. Io lo chiamo un governo del cambiamento che mi assumo la responsabilità di guidare, che propone sette o otto punti qualificanti e chiede in Parlamento la fiducia a chi ci sta”

Il 3 marzo Bersani va alla trasmissione “Che Tempo Che Fa” di Fabio Fazio e gioca la carta della trasparenza nel rapporto ricercato con con Grillo:

Dietro le quinte, scrivono però i media, il Pd si sta muovendo per cercare il contatto e la mediazione con il M5S. E si parla anche di un colloquio tra l’ex premier e fondatore dell’Ulivo Romano Prodi e Gianroberto Casaleggio, ispiratore-ideologo dei grillini.

Sullo sfondo c’è anche la partita dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, che dovrebbe tenersi ad aprile. Giorgio Napolitano ha ribadito più volte di non voler restare al Quirinale, e si cerca un candidato. Prodi è uno dei nomi che circolano con più insistenza.

Il 6 marzo, in una riunione della direzione trasmessa per la prima volta in streaming live sul web – nuova prassi in omaggio alla trasparenza, che sembra anch’essa una rincorsa alla democrazia web del M5S – Bersani ribadisce la sua agenda degli 8 punti.

[Alcuni osservatori fanno notare che sia la formula del “governo del cambiamento che l’agenda degli 8 punti sono comparsi dopo le elezioni, e non prima. Ma il Pd e lo stesso Bersani smentiscono,spiegando che c’è stata poca attenzione da parte dei critici].

8 punti 1

8 punti 2

La direzione decide di seguire il segretario sullo strada della possibile intesa con il M5S. Nessuna sorpresa. Qualche maligno dice che è perché i dirigenti non vogliono correre il rischio di criticare in diretta tv.

Bersani, per parte sua, spiega che non sta corteggiando Grillo:

“Qui non si sta corteggiando Grillo, qui si

sta cercando di capire quel che si muove

nel profondo, si sta cercando di bucare

il muro dell’autorefenzialità del sistema

perché comincia a essere in gioco il sistema”

Nei giorni successivi parte però su Repubblica una campagna di intellettuali che chiedono apertamente al M5S di stringere l’alleanza di governo con il centrosinistra. Firme illustri e note: Roberto Saviano, Roberto Benigni, Michele Serra, Jovanotti e tanti altri.

Mai, dal dopoguerra a oggi  il Parlamento italiano è stato così profondamente rinnovato dal voto popolare. Per la prima volta i giovani e le donne sono parte cospicua delle due Camere. Per la prima volta ci sono i numeri per dare corpo a un cambiamento sempre invocato, mai realizzato. Sarebbe grave e triste che questa occasione venisse tradita, soprattutto in presenza di una crisi economica e sociale gravissima.

Il 12 marzo, a 15 giorni dal voto, il 52% degli italiani vuole un governo di centrosinistra, guidato dal leader del Pd Pier Luigi Bersani, con il sostegno del Movimento Cinque Stelle, mentre solo il 28% preferirebbe tornare alle urne. Lo dice un sondaggio Ipr Marketing.

tabella ipr

Il 15 marzo si apre ufficialmente la XVII legislatura. Nelle prime due votazioni, in cui serve una vasta maggioranza, i parlamentari non riescono a eleggere né il presidente del Senato né quello della Camera, in molti votano scheda bianca.

Ma il 16 marzo arriva la sorpresa: il Pd candida a Palazzo Madama l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, alla Camera la ex portavoce in Italia dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, Laura Boldrini. I due vengono eletti – Grasso anche con i voti del Movimento 5 Stelle, che ufficialmente aveva propri candidati. La prova di accordo con i grillini sembra compromessa.

Scrive l’agenzia Reuters:

Reuters

Bersani ammette che in questo periodo non dormemolto bene, forsenon drme neanche molto. Ma spiega:

bersani non dorme

Il 18 marzo, il Pdl rilancia la proposta di “governissimo” con il Pd, che però non ne vuole sapere..  Silvio Berlusconi, leader del centrodestra, intanto avverte che nel caso in cui il centrosinistra elegga un suo rappresentante alla presidenza della Repubblica dopo Giorgio Napolitano, il Pdl dovrà fare una dura opposizione sia in Parlamento che nelle piazze.

Il 20 marzo il presidente della Repubblica avvia le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Nichi Vendola, leader di Sinistra Ecologia e Libertà, chiede al capo dello Stato di affidare l’incarico all’alleato Bersani, che il giorno dopo prospetta egli stesso a Napolitano l’idea di un “governo del cambiamento”.

Il 22 marzo Napolitano dà l’incarico al leader del Pd. Ma nel farlo esclude che si possano fare governi di minoranza, nonostante i precedenti nella storia italiana:

“Ho conferito – in continuità con eloquenti, appropriati e non lontani precedenti – a Bersani l’incarico di verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo, tale da consentire la formazione di un governo che abbia la fiducia delle due Camere”

Bersani accetta l’incarico, annuncia di voler incontrare non soloi partiti ma anche le cosiddette “parti sociali” – sindacati, imprenditori, associazioni, movimenti, personalità, perfino lo scrittore Roberto Saviano: e la cosa provoca ilarità diffusa nei commenti sui social network – e con i giornalisti ammette:

“È una situazione difficile,

mi prendo il tempo necessario”

Nei giorni successivi, il candidato premier propone quello che chiama “un doppio binario”: una maggioranza di governo da una parte, e una Convenzione per fare le riforme istituzionali (sistema elettorale, creazione del Senato delle Regioni, eccetera eccetera eccetera) dall’altra.

Il 27 marzo incontra anche i capogruppo del M5S, Roberta Lombardi (Camera) e Vito Crimi (Senato), accompagnato da Enrico Letta.

L’incontro viene trasmesso in diretta streaming. E Bersani deve incassare il rifiuto del movimento di Grillo a votargli la fiducia o a sostenerlo uscendo dall’aula al Senato per consentire al suo governo di avere la maggioranza (a Palazzo Madama,a differenza che a Montecitorio, l’astensione vale come un ‘no’).

“Se Napolitano fa un altro nome è tutta un’altra storia. Ma non lo faccia il Pd o altrimenti lo brucia”, dirà poi Crimi, lasciando intravedere la possibilità di un accordo col partito di centrosinistra, ma senza Bersani, che per l’M5S incarna il simbolo dell’inciucio con il Pdl econ Monti.

Ma subito dopo il portavoce dei senatori grillini corregge su Facebook:

crimi

Bersani ha sempre escluso l’ipotesi di governissimi. Prima delle elezioni al massimo ha aperto a un accordo con i centristi di Monti (nonostante le resistenze dei suoi alleati di sinistra). Dopo il voto dice no al governo Pd-Pdl. Poi dice no all’intesa con i “berlusconiani”, quasisperando in una spaccatura nel centrodestra. Dopodiché, lavora per un possibile sostegno dalla Lega Nord e dagli autonomisti del Pdl. Gli basterebbe anche che uscissero dall’aulaal Senato, solo per avere la maggioranza necessaria. Ma per fare una cosa del genere, serve comunque l’accordo di Berlusconi, che resta il capo del centrodestra e che ha un patto con Roberto Maroni, il leader della Lega. Berlusconi dice di non avere paura di andare al voto, anche perché i sondaggi ora vedono il Pdl primo partito.

Il 28 marzo Bersani sale al Quirinale e spiega a Napolitano che non ha una maggioranza certa,come vorrebbe il presidente.  Nei retroscena dei giornali si dice che Bersani abbia chiesto più tempo per fare ancora un tentativo. Il capo dello Stato invece decide di prendere in mano drettamente la situazione,come quando nel novembre 2011 ha nominato Monti senatorea Vita e poi gli ha affidato l’incarico di premier.

IIl segretario generale della presidenza Donato Marra spiega in un comunicato:

“Il presidente della Repubblica si è riservato di prendere senza indugio iniziative che gli consentano di accertare personalmente gli sviluppi possibili
del quadro politico-istituzionale”

Napolitano fa un brevissimo secondo giro di consultazione e poi affida a 10 esponenti politici, istituzionali e tecnici, di area Pd, Pdl e Scelta civica, il compito di formulare proposte per il prossimo governo.
L’esecutivo delle “larghe intese” è in vista, dicono tutti. Ma il Pd nega che sia così.

Il 3 aprile Matteo Renzi, antagonista di Bersani alle primarie per il candidato premier del centrosinistra, dice che “stiamo perdendo tempo”, frase che viene letta come una critica al capo dello Stato e allo stesso Pd, che non vuole nuove elezioni ma neanche accettare l’idea di un governo di coalizione, dopo che l’ipotesi di accordo con il M5S è fallita.

Poco alla volta, nei giorni successivi, aumenta il numero di esponenti democratici – non solo ex della Margherita – che si dichiarano favorevoli all’idea di un governo “di scopo” con gli storici avversari del Pdl. Si parla anche di possibili scissioni, ma tutti negano, a partire dallo stesso Renzi.

“Le alternative sono tre: governo Pd-Pdl, Pd-M5S o elezioni. Il governo Pd-M5S, Grillo non vuole.
Le elezioni mi sa che non le vogliono in tanti”

dirà poi Renzi tre giorni dopo.

Il 4 aprile Bersani comincia le consultazioni con gli altri partiti per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Il Parlamento comincerà infatti a votare il 18 aprile. L’intento dichiarato del Pd è trovare una figura che vada bene a gran parte dei partiti, e che dunque sia possibile eleggere subito, con la maggioranza dei due terzi che serve nelle prime votazioni. Ma il M5S dice che intende lanciare un referendum tra i propri sostenitori sul nome del candidato-presidente che voterà.

Il 5 aprile il ministro uscente della Coesione territoriale, Fabrizio Barca, annuncia che intende presentare una proposta per “rifondare” il Pd, e in molti considerano il gesto come una sua candidatura alla guida del partito contro Renzi.

L’8 aprile Napolitano invita i partiti ad avere coraggio per le “larghe intese” citando il governo Andreotti del 1976 – un monocolore Dc passato grazie all’astensione di tutti i partiti, compreso il Pci, di cui il Pd è un discendente.  e Bersani, sia pure senza prendersela direttamente col presidente spiega che è quello che vorrebbe far lui: un governo di minoranza. E qualche commentatore scrive che il leader Pd ha ancora la segreta speranza di ricevere l’incarico di premier dal prossimo capo dello Stato.

L’11 aprile il partito esclude che lo stesso Bersani possa essere candidato al Quirinale. Ne ha scritto il quotidiano “La Repubblica”, attribuendo l’idea a Berlusconi, che continua a chiedere un governo Pd-Pdl e si dichiara pronto per questo anche a votare un presidente di centrosinistra.

Il 15 aprile Renzi boccia i nomi di Franco Marini – anziano ex segretario della Cisl ed ex presidente del Senato – e Anna Finocchiaro – ex magisrato, ex capogruppo Pd al Senato – per il Quirinale. Ne nasce una polemica feroce dentro il partito.

Ma Marini riappare il giorno dopo come candidato anche del Pdl. Bersani ha stretto un accordo sul nome sia con Berlusconi che con Monti. Una novantina di parlamentari Pd votano contro la proposta di Bersani. Ma i dirigenti si appellano alla disciplina di partito.i

Per molti commentatori Marini è il segnale che sta per nascere il “governissimo”. Per qualcuno Bersani punta sull’ex sindacalista per avere l’incarico di premier.

Il 18 aprile si vota. Bersani, che è sempre stato attento nell’ultimo anno e mezzo a non comparire in foto con Berlusconi, per evitare strumentalizzazioni,viene ripreso da decine di fotografi mentre in aula alla Camera abbraccia il segretario del Pdl Angelino Alfano, La foto finisce subito sul web, utilizzata per dimostrare che “l’inciucio” Pd-Pdl, denunciato da Grillo ma anche dall’estrema sinistrae da altri partiti, come l’Italia dei Valori, è ormai alla luce del sole.

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Marini però non ce la fa, gli mancano 150 voti.

Allora Bersani cambia totalmente strategia e lancia Romano Prodi, che viene visto come fumo negli occhi dal Pdl. “Il diavolo veste Prodi”, è scritto sulla maglietta con cui la deputata Alessandra Mussolini si presenta in aula, nella parodia di un film famoso.

[Nel frattempo il M5S ha presentato come candidato Stefano Rodotà, anziano giurista, già parlamentare di sinistra, ex garante della privacy. Una parte dei “grandi elettori” Pd ha votato per lui in alternativa a Marini. Lo stesso hanno fatto gli alleati di Sel].

Il 19 aprile anche Prodi, sostenuto in particolare dal gruppo diparlamentari vicini a Renzi, viene affondato. Gli mancano 101 voti del Pd, si calcola.. La situazione nel partito precipita. In molto chiedono le dimissioni di Bersani. Prodi si ritira. Il pdl accusa Bersani di non stare ai patti.

A questo punto scatta la scelta Napolitano. Il presidente, che per mesi ha detto e ripetuto di non voler essere rieletto (e non è mai accaduto nella storia della Repubblica che un presidente venisse rieletto al secondo mandato) accetta, e il 20 aprile, un sabato, viene rieletto con 738 voti contro i 504 richiesti per raggiungere la maggioranza assoluta dei 1.007 Grandi elettori.

Bersani si dimette. E con lui tutta la segreteria. Ma non Enrico Letta, che è stato eletto numero due del partito dall’Assemblea nazionale, nel 2009, mentre Bersani ha vinto le primarie, lo stesso anno. Letta è dunque il reggente del Pd.

Il 22 aprile Napolitano dice al Parlamento che vuole un governo di larghe intese. Il giorno dopo, al termine di rapide consultazioni al Quirinale, a cui ha partecipato lo stesso Letta,, il Pd si affida mani e piedi al presidente. Il partito discute anche della possibilità che l’incarico di premier venga affiato a Renzi. Ma alla fine è lo stesso sindaco di Firenze a dire che non sarà lui a correre per l’incarico.

Si fanno i nomi di Giuliano Amato, per anni vicinissimo a Bettino Craxi e presidente del Consiglio per due volte, la seconda con l’Ulivo. E di Letta, nipote di Gianni Letta, ministro a 32 anni – ora ne ha 47 –  già giovane Dc, poi dirigente della Margherita, economista di formazione.

Il 24 aprile Napolitano affida a Letta il compito di guidare il governo.

L’11 maggio il Pd terrà l’assemblea nazionale, per trovare un successore a Bersani e preparare il congresso.

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