L’arabo del futuro (dietro le spalle)

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Sto leggendo il secondo volume de “L’arabe du futur”, il romanzo a fumetti di Riad Sattouf. E’ stato il tipico acquisto impulsivo durante una veloce scorribanda alla Fnac, ed è una gran bella scoperta, oltre che una bella lettura.

In Italia è uscito finora solo il primo volume, L’arabo del futuro (1978-1984), edito da Rizzoli-Lizard, a 20 euro. Immagino che la stampa italiana del secondo non tarderà molto., visto che in Francia ha venduto oltre 700.000 copie (in Francia è attesa la pubblicazione del volume 3).

Non conoscevo affatto Sattouf, che è un disegnatore e regista etc under-40, di madre francese e padre siriano, vissuto fino ai 12 anni all’estero e poi in Bretagna e a Parigi. Viene dal giro dell’amato (da me) Joann Sfarr e ha lavorato per molti anni a Charlie Hebdo. Qui trovate una sua bio essenziale in inglese (devo assolutamente vedere i suoi film).

Leggo che molti paragonano la sua serie a Persepolis: come Marjane Satrapi parla dell’Iran post-rivoluzione islamica, Sattouf racconta la sua vita di bambino prima in Libia e poi in Siria, a seguito del padre, giovane docente universitario, primo della sua numerosa famiglia (sunnita) a poter studiare.

Sattouf è bravo a raccontare (sic)  gli odori delle persone, a fissarne i tic. Riesce a tracciare rapidi quadri per far capire al lettore il contesto generale e a continuare comunque a tenere il punto di vista sul personale, a dileggiare i suoi personaggi pur esprimendo affetto per loro.

Nei due volumi domina la figura del padre, una specie di somma vivente di contraddizioni (laico e osservante, macho e illuminato, progressista e pronto a giustificare regimi dittatoriali o la pena di morte, socialista e attratto dai soldi, etc)  che in fondo rappresenta, culturalmente, l’arabo del futuro versione anni 70 (lui, non il figlio).

Oggi la Libia e la Siria somigliano molto da vicino a due “stati falliti”, ma negli anni 70 rappresentavano per qualcuno il sogno di un mondo arabo laico, emancipato, illuminato. Ed era quella (oltre alla nostalgia e al lauto stipendio concesso dai due regimi) la primavera araba che aveva spinto Abdel-Razak Sattouf a lasciare la Francia, dove aveva ottenuto un dottorato.

 

 

 

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