C’è una frase [una delle tante] che si legge spesso, anche troppo, sui social. Quella di Brecht che recita: ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati. Frase che si potrebbe adattare benissimo alla situazione in cui si trovano quelli che oggi non sanno a che santo votarsi tra Pd, M5s e centrodestra, ma soprattutto tra Pd e M5s.
Dopo venti anni di noiosa guerra civile a parole tra centrosinistra e centrodestra, impegnati a dipingersi rispettivamente come pericolo mortale per la democrazia o il mercato (o tutti e due), lo stesso sta avvenendo tra il partito di Matteo Renzi e quello di Beppe Grillo, soprattutto sulla piazza virtuale dei social.
Il trollismo è assurto ad attività politica. Il linguaggio aggressivo motivato dalla necessaria brevità imposta dal web (che è un’ideologia pure quella) è il pane degli agit-prop. L’Unità online combatte contro il Fatto e i siti M5s (ma c’era già il precedente dell’Unità diretta dal tandem Colombo-Padellaro, che aveva investito sul titolismo spinto, seguendo una strada aperta dal Giornale o da Libero, oggi ancora maestri inarrivati).
Da una parte l’accusa è di dittatura, dall’altra si grida al centrosinistra o barbarie. Si sparano quanità di fango. Si spacciano notizie o dichiarazioni false. Si vanno a cercare foto o dichiarazioni imbarazzanti.
Taccio sul caso di Roma, dove il Pd, per esempio, sta facendo al momento un’opposizione degna del peggior qualunquismo grillista, spargendo cioè merda a prescindere a poco più di un mese dal voto.
Il problema dei non allineati, quelli che cioè guardano a tutto questo senza riuscire a schierarsi, e anzi spesso schierati contro gli uni e gli altri, è appunto quello di essere non soltanto una minoranza, ma una minoranza divisa.
In gran parte, si tratta di persone che si ritengono in un modo o nell’altro di sinistra. Elettori insoddisfatti o delusi del Pd, orfani di partiti più marcatamente “di sinistra”, sostenitori di Rifondazione, ecologisti, ex fan del M5s, attivisti di movimenti vari. Condividono l’insoddisfazione, il fastidio, cercando di valutare le diverse posizioni senza farsi trascinare dal tifo (resta secondo me sempre interessante il testo della canzone di Frankie Hi-NRG Rap Lamento, che qualcuno troverà magari pre-grillina: ma io mi riferisco proprio all’aspetto calcistico della disfida tra schieramenti).
Ma essi non sono in grado di rappresentare di per sé un vero schieramento, perché ritengono i dettagli molto importanti, spesso discriminanti (e lo dico senza ironia), e non si ritrovano su una proposta politica complessiva. L’idea di opposizione di sinistra non è particolarente avvincente per il grande pubblico, e una parte degli elettori di sinistra comunque ritiene il M5s un voto utile, pure per la protesta.
Insomma, banalizzando, si potrebbe dire che questi cittadini-elettori sanno cosa non vogliono, più che ciò che vogliono. Probabilmente lo stesso vale per gli elettori del M5s, che in questo momento funziona maggiormente sul principio della contestazione, ma il M5s risulta appunto più convincente.
Ma non è escluso che la situazione possa evolversi in qualche senso, e cioè verso la costituzione di un partito-schieramento che non sia solo la somma di insoddisfazioni, ammesso che si trovi una proposta politica convincente.
Una cosa aiuterebbe, per cominciare. Evitare di demonizzare. Perché anche i non allineati hanno appunto i loro demoni, i loro bau bau. Nella fattispecie, Matteo Renzi e Beppe Grillo, tutti e due insieme (Berlusconi è ormai acqua passata, se non per evocarlo come ascendente di Renzi). Evitare di considerare le altre forze politiche come un’accozzaglia di ladri o cripto-fascisti (o tutte e due le cose) e valutare le loro proposte, disposti a coglierne il meglio. Ma soprattutto pensare a cosa si vuole e a quali mediazioni, a quali rinunce, si è disponibili. E a quali alleanze, nel caso.
(Ma forse è solo una mia pia illusione, ovviamente. Da non allineato, pure io)