È uscito da pochi giorni Gocce Nere, un romanzo breve (poco più di 200 pagine) che segna il ritorno (o forse un approdo più deciso) di Valerio Evangelisti alla fantascienza, dopo alcuni cicli storici come Il Sol dell’avvenire e quello dei pirati.
Fantascienza politica, quella dello storico e scrittore bolognese: una dimensione dichiaratamente libertaria e di opposizione che è presente in tutti i suoi scritti, fiction e non, e che ha il suo fuoco principale nella rivista online Carmilla, che dirige da anni. Difficile separare i piani, quando si parla di Evangelisti.
Nello specifico, “Gocce nere” è la trasformazione in romanzo (d’azione) di un racconto (Sepultura) che era presente in Heavy Metal, un’antologia uscita nel 1998. La trama si inserisce nell’universo che i lettori della serie di Eymerich conoscono già (e che secondo me è una lontana parente del mondo del “Tallone di ferro” di Jack London): un futuro non troppo lontano in cui il mondo è dominato da regimi capitalistici globali aggressivi o dichiaratamente fascisti (la Rache).
Alla fantascienza più classica e tecnologica Evangelisti mescola elementi fantasy, come l’intervento di divinità tribali brasiliane, e nozioni storiche sui movimenti guerriglieri e di resistenza degli anni 60-70 (come i giapponesi del Chukako Ha, di cui personalmente non sentivo parlare da decenni; Evangelisti sembra rivalutare anche il sandinismo, da tempo caduto in disgrazia dopo l’evoluzione teocon dei suoi dirigenti, come Manuel Ortega).
Ma è da segnalare che tra il 1998 di Metal Hurlant e il 2016 di “Gocce Nere” c’è “Il Quinti Principio” di Vittorio Catani, del 2009, un romanzo di fantascienza che descrive una rivoluzione globale contro un turbocapitalismo assassino intenzionato a ripristinare la schiavitù di massa. Catani mescola sottogeneri, pesca molto nel cyberpunk, in certi passaggi il suo sembra un saggio sociologico militante, ma alla fine la rivoluzione somiglia piuttosto a un evento mistico.
Perché cito Catani? Perché il suo romanzo (ripubblicato nel 2015 da Meridiano Zero, dopo essere uscito per Urania) è stato definito dallo stesso Evangelisti “la pietra miliare della fantascienza italiana. L’opera più compiuta che la nostra SF abbia mai espresso”, e perché Catani è ricordato da Evangelisti come autore di culto dei giovani ribelli del ’77 italiano.
“Gocce Nere” è un romanzo che si legge rapidamente, la trama è avvincente (non mi veniva un aggettivo migliore). Ma non è (e non vuole essere) la descrizione della battaglia finale contro il capitalismo del futuro: anzi direi che l’epilogo lascia anche spazio a possibili, inquietanti, sviluppi.
Casomai, è una prima risposta al richiamo di Catani per un ritorno alla fantascienza come forma di critica sociale, e chissà che nei prossimi anni gli scrittori italiani più giovani e militanti, dopo il noir e il romanzo storico à la New Italian Epic, non si lascino sedurre anche loro.
PS del 20 settembre 2016: ignoravo, colpevolmente, che Gocce Nere fosse uscito già nel 2001 con il quotidiano Liberazione. Il dato però non credo infici il senso della recensione, né l’auspicio che la riedizione non contribuisca a quel rilancio del genere in Italia.