Dischi volanti dell’8 ottobre /Orecchiabile

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Della mia passione per i Mexican Institute of Sound vi ho già parlato qualche mese fa.Ora è uscito un altro album dalla fervida fantasia e produzione del leader Camilo Lara, che si intitola Compass e che vede insieme anche Toy Selectah.
Il disco è una antologia di mix, per essere precisi, con un sacco di ospiti noti: Eugene Hutz (dei Gogol Bordello), Boy George, Sly and Robbie (famoso duo reggae giamaicano), Toots and The Maytals, Phil Manzanera e tantissimi altri. Il risultato è piuttosto fico, un incrocio di stili, un sacco di tracce da ballare, cantate in inglese, messicano, brasiliano, a partire da Municipal, il primo brano.

Un altro album che ascolto parecchio in questo momento è Coloring Book di Chance The Rapper, un artista statunitense di 23 anni che non conoscevo. Non è rap, o almeno non è il rap recente e più elettronico a cui siamo abituati. È una miscela di hip hop, r’n’b, soul, piuttosto orecchiabile. Il brano credo più famoso, “No problem”, è un rap. Ma ascoltate l’avvio di Summer Friends, o D.R.A.M. Sings Special o Blessings o All Night per farvene un’idea.

Altro bel disco, Trick di Jamie T, un trentenne britannico che ha all’attivo altri tre album. Il NME gli ha dato il punteggio massimo, recensendolo. È un lavoro che necessita diversi ascolti, almeno per quelli come me che in fondo amano i titoli orecchiabili (scoprirete che questo è l’aggettivo del giorno…). Ascoltando Tescoland e Robin Hood non si possono ignorare i richiami ai Clash (per la cronaca, la mia band preferita di sempre). Ma non c’è solo combat rock: c’è anche rap e anche concessioni al pop. Bello.

Un disco bello e insieme tragico: Nothing More To Say dei Frightnrs. Un puro album di ska/rocksteady che sembra uscito per caso dal baule dopo decenni di oblio, tanto che sono andato a controllare che non fosse una ristampa di un vecchio successo che ignoravo. Invece no, è il primo disco di un gruppo newyorkese, è uscito ad agosto, poco dopo la morte di Dan Klein, il cantante e autore di diversi testi, malato di Als, sclerosi laterale amiotrofica. Peccato. Tra le tracce: What I Have Done, Purple (c’è molto Bob Marleyt dentro, secondo me), Till Then. Insomma, da ascoltare.

Non sono un fan del folk americano e non conoscevo gran che i Wilco, ma Schmilco mi ha preso parecchio, a partire da If I Ever Was A Child, una canzone mooolto orecchiabile e che mi piace parecchio. Forse perché più che a Dylan (di cui non sono mai stato un fan) penso alla west coast music che ho ascoltato per un bel po’ quando ero adolescente. Sentitevi anche Nope o Someone To Lose, ma direi che la maggior parte dei titoli sono belli.

Avrete idea di cosa sono i White Stripes, magari dopo aver sentito allo sfinimento Seven Nation Army (po-popporoppo etc). Bene, Jack White ha dato alle stampe un bel disco di ballate acustiche registrate in quasi 20 anni: si intitola semplicemente Jack’s White Acoustic Recordings 1998-2016 e vale ampiamente l’ascolto e l’acquisto (mentre scrivo ascolto Forever For Her)

Cambiando completamente genere, e cioè passando a un album di jazz, perché in fondo questo è, mi è piaciuto il IV dei Badbadnotgood, e sto ascoltando in loop In Your Eyes (dove canta Charlotte Day Wilson), che mi ricorda moltissimo la musica degli Zero7. Nel disco figura anche un altro mio recente beniamino, Kaytranada, nel brano Lavender.

Cose che invece non mi sono piaciute molto: il nuovo album di M.I.A.Aim (l’ho trovato abbastanza deludente); Wild World dei Bastille, Bleeds di Roots Manuva (ma è uscito ormai da parecchio).

 

 

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