Calcutta and me (in pillole)

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Ieri sera ho accompagnato mio figlio Victor, dodicenne, al concerto di Calcutta. Ho scritto “accompagnato” per sottolineare la distanza, mia, dal performer. Conoscevo solo una canzone sua, Pesto, e ieri sera ho concluso che è la sua cosa migliore (o più orecchiabile?).

Pensavo di trovare torme di ragazzini accompagnati dai genitori, ma non è stato così. C’erano soprattutto tardo-adolescenti o giovani adulti. Tantissimi. Che cantavano tutte le canzoni. Quindi forse è la trap ad attirare i neo-adolescenti o proprio i bambini. Mentre quella di Calcutta, che Victor ha definito indie, mi pare soprattutto pop-cantautorale (e non è un’offesa).

All’inizio mi sono trovato nei panni di mio padre, che a 50 anni mi accompagnò a vedere il mio primo concerto, quello di Burning Spear (era il 1980, io avevo 15 anni, il concerto si teneva a Castelporziano, e tornare di notte sarebbe stato complicato, tanto più che la mattina dopo c’era il matrimonio di mio cugino).
Mio padre ignorava il reggae, era cresciuto in borgata con gli stornelli romani, poi con la musica da balera e la musica leggera anni 60 (ma anche con le parodie comuniste di canzoni classiche, cantante da un tale Spartaco, che lui ricordava a memoria dopo decenni). Eravamo musicalmente lontani, lontanissimi. però a quel concerto si divertì molto, almeno mi sembrò, soprattutto mentre osservava il panorama umano (zecche che si facevano le canne, in gran parte).

Poi ho realizzato che Calcutta, per i suoi fan e ascoltatori, era come Francesco De Gregori per me alla stessa età, più o meno. E oggi, andando a leggere in rete qualcosa sul cantante, ho avuto la conferma che non sono stato l’unico a fare il paragone. Anche per i testi, non particolarmente pregnanti o impegnati, che però funzionano, come dimostrano il successo di pubblico e la cantata corale.

In effetti, Victor ha provato a spiegarmi proprio questo, ieri sera: Calcutta gli piace, anche se non capisce gran che cosa voglia dire, coi suoi testi. E lo stesso cantante, presentando un po’ confusamente (o anche molto confusamente) un pezzo, ieri sera, ha detto grosso modo la stessa cosa, rifiutandosi lui stesso di dare un senso. Magari non vuole rischiare di essere frainteso.

Non so francamente se le canzoni avessero (conoscono meno bene il De Gregori più attuale) grandi significati, a parte alcune. Ovviamente ascoltarlo aveva una connotazione più politica di quanto non valga per Calcutta. Ma questo è un altro discorso.

Detto questo, non ho niente contro Calcutta (o Coez o Ultimo etc, e mi scuserete se ne faccio tutto un fascio). Semplicemente, non mi appassiona, non lo sento a me vicino, anche se alcune canzoni non mi dispiacciono. Per il resto, però, faccio fatica a trovare, musicalmente, grandi differenze tra una canzone e l’altra (questo l’ho sempre pensato anche dei cantautori che ascoltavo, a dire il vero), mentre per me la musica è assolutamente importante, quasi sempre più dei testi, perché mi rimane in testa più facilmente.

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