Basta con gli anni 80

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Non ho difficoltà ad ammetterlo: mi è piaciuto molto “Stranger Things”, mi piacciono “Glow”, “The Americans” e una quantità di serie ambientate nei mitici anni 80. Però, sinceramente, ne ho abbastanza dell’uso di quel decennio come una sorta di dado da brodo dell’intrattenimento, per insaporire tutto.

Capisco che molti sceneggiatori di successo siano nati in quel periodo o muovessero i primi passi proprio allora, e che dunque vogliano celebrarlo. E non ho mai condiviso l’avversione di alcuni per la musica del periodo. Ma la sbornia per gli 80, cominciata praticamente un minuto dopo la fine del decennio, sta durando decisamente troppo.

No, la mia non è avversione politica per un decennio improntato, secondo la versione ufficiale, al liberismo. Insomma, non ho nostalgia degli anni 70 né dei 60, i favolosi anni 60 con cui ci hanno intossicato per diverso tempo. In genere, non ho nostalgia.

In un passato così vicino (sono solo 30 anni) certamente molti possono ritrovare la propria giovinezza. E poi ci sono stati i revival degli anni 50 (nei ’70), degli anni 40 (è durato poco, ma negli ’80 c’era anche quello, per esempio nella moda, ma anche nella musica). E c’è spesso una tendenza al riciclaggio o alla reinterpretazione del passato, per produrre qualcosa di nuovo.

Negli anni 80 c’era un (presunto) ordine del mondo facilmente comprensibile – da una parte gli Stati Uniti e l’Occidente, dall’altra l’Urss e i suoi alleati – che magari ispirava sicurezza a tante persone. Lo capisco.

A me rompe, da anni, prima di tutto la noiosa certezza musicale di tante feste, di amici e conoscenti, contraddistinte dalla sfilza di prevedibili successi anni 80. Ci sono pezzi che ho amato e che oggi mi fanno vomitare, dopo averli sentiti così tante volte, accompagnati da gridolini d’entusiasmo, come fosse un regalo e non una condanna. Un po’ come rivedere sempre “Una poltrona per due” a Natale: divertente, ma dopo un po’ diventa patologico.

Ecco, questa è l’essenza della nostalgia, quel misto di rimpianto e di felicità nel ritrovare il passato. Esattamente quel che non sopporto. Non sopporto la riproposizione degli anni 80 perché è come una droga (culturale) per cercare di assicurarsi serenità, per farsi sedare dal passato.

Vivere in una specie di eterno presente (politicamente, oggi questo mi sembra accada) in cui l’unico passato da ricordare, l’unico punto di riferimento, sono i mitici anni 80, in cui eravamo tanto felici. Altro che horror.

(questo post è stato pubblicato il 26 agosto 2019 su HuffPost)

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