Ci sono ancora pochi giorni per visitare una mostra originale a Parigi, “Electro”, dedicata alla musica elettronica, soprattutto alla house e alla techno: generi che, dopo un trentennio, sono diventati ormai dei classici, nell’epoca della trap.
E in effetti il pubblico dell’esposizione – in corso alla Philarmonie, l’auditorium disegnato da Jean Nouvel alla Villette, fino all’11 agosto – è certamente più in là con l’età, rispetto all’idea che si potrebbe avere dei frequentatori di rave. Persone che magari ricordano con nostalgia i New Order di ”Blue Monday” (1983) o i più commerciali Technotronic di ”Pump Up The Jam” (1989). Insomma, la prima generazione che veramente ha ballato coi suoni elettronici.
La mostra ha il sottotitolo “Dai Kraftwerk ai Daft Punk”, e i geniali artisti tedeschi di ”Radio-Activity” o ”Man Machine” – che hanno iniziato la carriera nei primi 70 e oggi sono attivissimi ”anziani” – hanno un posto d’onore, con un video in 3D tratto da un loro concerto.
Il duo musicale francese che da anni compare solo col volto nascosto da caschi spaziali, famosi al punto da meritarsi una canzone (”Daft Punk Is Playing At My House”, degli LCD Soundsystem) espone invece una propria installazione robotizzata, ”Technologic”. Ma di Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter è possibile vedere anche le statue – a prima vista, una stampa 3D – che per una volta li ritrae in abiti civili, sia pur con dei grossi occhiali che quasi coprono il viso.
Ma, come dicevamo, sono in gran parte house e techno a dominare le sale, immerse nel buio per far risaltare soprattutto le installazioni di 1024 Architecture e i video, alcuni dei quali sorprendenti performance di danza. Mentre l’interminabile colonna sonora – in tutto una decina di playlist – è stata curata da Laurent Garnier, dj francese, negli anni 80 resident dell’Hacienda di Manchester, uno dei templi dell’elettronica.
Colpiscono le foto di alcuni rave, distese di giovani assiepati come a un concerto, abbigliati in modo minimale, in pieno contrasto con gli eccessi colorati della disco anni 70, insieme a celebrare quella che a un certo momento si chiamerà Second Summer of Love, tra il 1988 e il 1989 (il riferimento è alla prima “estate d’amore” hippie del 1967 negli Usa). Un’esplosione di feste non autorizzate, i rave, dove fanno la loro comparsa anche le droghe sintetiche, l’ectasy.
La mostra non è reticente sull’argomento stupefacenti, all’epoca spauracchio dei governi conservatori britannici, arrivati a mettere praticamente al bando lo smiley, la faccina gialla sorridente, come nefasto simbolo degli acidi. Ma gli riserva solo lo spazio che merita, perché è stata davvero la musica, il ritmo dei 120 bpm, il motore di una stagione. Non per forza di rivolta, probabilmente di presa di coscienza, della ricerca di spazi di liberazione, comunque collettivi.
(questo post è stato originariamente pubblicato il 23 luglio 2019 su HuffPost)