
Le fragole? Ormai non sono quasi più considerate una primizia, perché nei negozi si possono trovare da dicembre a settembre, importate da diverse latitudini. E anche in Italia la produzione comincia prima, per effetto dei cambiamenti climatici e anche dell’adozione di varietà precoci.
Ma nell’aprile del Coronavirus, a più d’un italiano le fragole sono andate di traverso, per il prezzo: anche 4-5 euro a vaschetta, nei cosiddetti negozi di prossimità. Ed è subito partito l’allarme-speculazione.
Gli allarmi si sono moltiplicati in varie regioni: per broccoli e zucchine, per arance e limoni, per kiwi, per pomodorini, melanzane e peperoni.
Mentre le associazioni dei consumatori hanno raccolto segnalazioni a macchia di leopardo, come conferma l’Unione Nazionale Consumatori, il Ministero dello Sviluppo Economico ha assicurato la “massima attenzione”, allertando Guardia di Finanza e autorità Antitrust. Alcuni sindacati dei produttori agricoli hanno accusato i supermercati di comprimere i prezzi pagati ai fornitori e di alzare invece quelli sugli scaffali, mentre le organizzazioni dei commercianti hanno negato fenomeni diffusi di speculazione. Donatella Prampolini, presidente della Federazione Italiana Dettaglianti Alimentari e numero 2 di Confcommercio parla di “mele marce”, espressione figurata quanto mai appropriata al tema.
Ma la speculazione? Spoiler: c’è stata, ma in misura probabilmente inferiore ai timori e concentrata per lo più nei piccoli negozi, presi d’assalto a causa del lockdown, che ha impedito alle persone di uscire dai confini comunali e obbligato a fare acquisti vicino a casa.
Perché a guadagnare in vendite ad aprile, dice il rapporto dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea), non sono stati solo i supermarket (+27% su anno), ma soprattutto i cosiddetti “liberi servizi”, i negozi sotto casa, con un sorprendente +40%. Mentre i mercati rionali hanno chiuso del tutto o in parte, o hanno perso clienti.
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