
Ad aprile, in piena pandemia, Amnesty International ha lanciato una campagna perché nella legge italiana sullo stupro sia inserito specificamente il concetto di consenso. Una norma che precisi che il sesso deve essere sempre volontario, e che consideri dunque violenza un rapporto senza consenso esplicito. Pur se l’iniziativa dell’organizzazione non governativa che difende i diritti umani è per il momento passata sotto silenzio, anche per il peso pressoché totalizzante che il Covid ha avuto anche sui media, bisogna ricordare che proprio il lockdown ha segnato un aumento della violenza domestica, inclusa quella sessuale.
Uno studio delle Nazioni Unite realizzato insieme a due università e alla Avenir Health, un’organizzazione internazionale che si occupa di salute, ha stimato che nel 2020 potrebbero esserci circa 15 milioni in più di casi di violenza domestica (compresa quella sessuale), e anche che in tre mesi di confinamento aggressioni e femminicidi sono già aumentati del 20% nel complesso dei paesi Onu. Del resto, non è una novità che la violenza contro le donne è soprattutto quella che accade tra le mura di casa di cura, di cui sono responsabili in gran parte i famosi “congiunti”.
Una legge sul consenso non è una novità, in Europa. Nove paesi hanno infatti già modificato in questo senso le proprie leggi: Belgio, Cipro, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Regno Unito e Svezia. Altrove, e anche in Italia, scatta il reato di stupro quando c’è l’uso della forza o la minaccia.