
Chissà se il segretario generale delle Nazioni Unite ha mai pensato di consultare, allo scopo di portare pace e ordine nel mondo, Marie Kondo. Sì, la professionista dell’ordine che consiglia come organizzare le proprie case eliminando prima di tutto ciò che non crea gioia. Sarebbe un messaggio potentissimo: risolvere i problemi globali con lo stesso piglio gioioso ma efficientissimo della sociologa giapponese, gettando tutto ciò che è inutile e poi sistemando una cosa alla volta. Si potrebbero dotare i caschi blu dell’Onu del best seller di Kondo, “Il magico potere del riordino”, da usare come manuale operativo. E partendo dall’Europa, piegare e stirare le tensioni in Bosnia Erzegovina e Kosovo, trovare un posto dove appendere la Repubblica di Transnistria, allineare in un cassetto Donbass e Crimea. Ma anche sistemare per bene l’Irlanda del Nord e la Catalogna, etc. Senza considerare il resto del mondo, dove c’è un bel po’ di lavoro da fare.
Penso a Marie Kondo ogni volta che sento parlare di “ordine mondiale”, e un po’ rabbrividisco. Alcuni sembrano convinti che sia davvero possibile – e auspicabile – portare ordine nel mondo, come se quest’ultimo fosse appunto un appartamento da sistemare e non un intreccio di relazioni. E che, se non si fa ordine, è certamente perché ai “potenti” non interessa farlo. Insomma, è un complotto. “Ordine” come criterio col quale separare ciò che è utile da ciò che non lo è, cioè che è “giusto” da quel che non lo è, rivendicazioni buone e cattive, somministrare penalità e attribuire risarcimenti e crediti.