Sul filo del rasoio: Rosa Calipari, la Reuters e i due rapiti in Afghanistan

Scrivo su un argomento delicato, anche perché riguarda direttamente l’Agenzia Globale Totale, il mio lavoro, l’etica della professione giornalistica, i rapporti spesso sul filo del rasoio con le fonti e soprattutto una vicenda sanguinosa e ancora non chiarita.

La vicenda è quella del sequestro di due agenti italiani del Servizio segreto militare in Afghanistan il 23 settembre scorso. Il giorno successivo, il 24 settembre, i due e il loro interpreti sono stati liberati con un blitz delle forze italiane e britanniche, nel corso del quale sono rimasti feriti. Dal fuoco dei rapitori, dice l’Isaf, anche se la Procura di Roma ha disposto un’inchiesta per accertarlo, anche perché nel frattempo sono circolate voci su un possibile caso di “fuoco amico”.
Uno dei due sottufficiali, Luca D’Auria, è poi morto il 4 ottobre.

Il 26 settembre, nel corso dell’audizione del ministro della Difesa Arturo Parisi al Senato, la senatrice Rosa Villecco Calipari ha citato il ruolo di Reuters nella vicenda, affermando che è stata l’agenzia, e non la tv araba Al Jazeera, a dare per prima la notizia che i due italiani rapiti erano agenti dell’intelligence militare.

Ecco cosa dice lo stenografico della Commissione Difesa del Senato (accessibile a tutti sul web):
Barbara Serra, anchorwoman di «Al Jazeera International», avrebbe dichiarato su un giornale che a parlare di agenti del SISMI non sarebbe stata «Al Jazeera», bensı` la «Reuters». Lei afferma anche che questa notizia alla «Reuters» e` stata data ai Servizi segreti statunitensi. Le vorrei far presente che, sempre da mezzi di stampa, anche per quanto riguarda precedenti
sequestri (Iraq), la «Reuters» ha spesso anticipato notizie sulle trattative e sulle mediazioni in corso. Forse sarebbe il caso di capire – disponendo tra l’altro Servizi di intelligence che sicuramente monitorano anche gli organi di stampa – quale ruolo ha la «Reuters» all’interno di situazioni cosı` delicate e spinose come i sequestri che riguardano cittadini stranieri.

Non sono sicuro che Reuters abbia anticipato molte notizie su trattative e mediazioni nel caso di rapimenti in paesi come l’Iraq e l’Afghanistan, soprattutto quando gli ostaggi erano italiani. Anzi, spesso siamo arrivati molto dopo altre agenzie.

La circostanza citata da Calipari è esatta. Ma dimentica, la senatrice, di dire che ad annunciare che i rapiti erano militari è stato il ministero degli Esteri italiano.

Ecco la cronologia degli eventi ricostruita dal blog di un giornalista del gruppo Espresso, Mario Tedeschini Lalli:
Ore 11:48 l’Ansa rilancia una notizia della Agence France Presse che annuncia la scomparsa di due Italiani.
ore 12:15 la Farnesina parla di “accertamenti” e accenna a “due militari”
ore 12:32 la Difesa conferma: due militari mancano all’appello da sabato sera
ore 13:09 la Reuters cita “un analista della sicurezza basato in Afghanistan” che dice di aver sentito che i due uomini “lavoravano per l’intelligence italiana” (da questo momento in poi tutti i riassunti della giornata fatti dalla Reuters conterranno questa indicazione).
ore 13:49 il presidente della commissione Difesa della Camera Sergio De Gregorio spiega che sono “due sottufficiali dell’Esercito italiano”
ore 14:11 l’Ansa cerca e trova conferma a Kabul della notiza della Reuters: cita “fonti informate” secondo le quali i due militari “apparterrebbero all’intelligence”.
ore 18:31 (sono passate cinque ore e mezza dalla prima notizia della Reuters, oltre quattro da quella dell’Ansa) l’ADNKronos manda in rete un “FLASH” tutto in maiuscolo con tanto di asterischi: “AL JAZEERA, I DUE ITALIANI SONO DEI SERVIZI SEGRETI”
ore 18:32 l’ADNKronos dettaglia: l’inviato a Kabul della tv araba ha detto: “Alcune nostre fonti qui dicono che i due italiani scomparsi non sono dei soldati ma degli agenti che lavorano per i servizi segreti italiani”.
ore 18:49 il ministero della Difesa che “invita gli organi di stampa tutti a seguire una linea di prudenza” sulla vicenda (possibile riferimento alle indiscrezioni sul loro vero lavoro).

Il fatto che sia la Farnesina a dire che i due (che giravano in borghese) erano militari (e non giornalisti, con un’ulteriore specifica) è significativo. Perché i rapitori in questo modo immediatamente avranno saputo (o avrebbero dovuto sapere) che i rapiti non erano civili.
Che i due fossero poi agenti del Sismi, diventa quasi secondario, in questo contesto.
Chiaro che è un particolare in più, ed è interessante. Ma due militari in borghese in giro per l’Afghanistan, senza scorta, che facevano? Raccoglievano fiori?

E’ anche chiaro che il collega (non italiano) che ha scritto la notizia da Kabul ha parlato con un agente dell’intelligence americana o britannica, probabilmente. E che “bruciare” i due come agenti del Sismi potrebbe essere stata una mossa di altri servizi desiderosi di smerdare i colleghi italiani.
Ma Questo fa parte del gioco delle fonti. Quando hai una fonte di cui ti fidi che ti dà una notizia, accetti anche il rischio che lo faccia anche per il proprio tornaconto. E se parliamo di servizi segreti, è chiaro che il rischio è più elevato.
Altra cosa è però dire che Reuters – che fa il suo lavoro, quello di cercare e dare notizie – abbia in qualche modo avuto un ruolo diverso da quello della stampa in vicende di sequestri.

Forse però alla senatrice Calipari non è andata giù una notizia uscita a maggio del 2007 sul Manifesto, relativa alla comparsa del logo di Reuters come sponsor di un sito di “supporter” dei Marines Usa, una “charity” che tra le altre cose finanzia anche la difesa di Mario Lozano, sotto processo in Italia con l’accusa di aver ammazzato Nicola Calipari sulla strada per l’aeroporto di Baghdad.
Una storia che il direttore di Reuters Italia, dopo una serie di verifiche da parte dei giornalisti italiani e statunitensi dell’agenzia, che si sono subito interessati alla vicenda, ha tenuto a chiarire così all’epoca:

“Gentile direttore de Il Manifesto,
intendo smentire quanto riportato oggi nell’articolo dal titolo “Chi paga I conti del soldato Mario”. Reuters è un’agenzia totalmente indipendente e imparziale, non ha nessun legame con gli amici del Sessantanovesimo Reggimento della Guardia nazionale e non ha mai donato fondi a costoro. Infatti gli amici del Sessantanovesimo Reggimento della Guardia nazionale hanno tolto qualsiasi riferimento a Reuters dalla pagina dei loro sponsor”.

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