Questa sera ho avuto una breve discussione con un collega cameraman dell’Agenzia Globale Totale sulla “normalità” delle notizie sui morti in Iraq, che in quanto tali sono ormai uguali a se stesse, e quindi invisibili, un giorno dopo l’altro.
Io sostenevo, e sostengo che sia appunto “normale” che ci siano 20 morti al giorno ( o 10, o 30), e del resto viene dato alla “notizia irachena” un rilievo particolare quando le vittime non rispettano la media, e diventano 50, 100 in una giornata o, peggio ancora, in un singolo attentato (sarebbe lo stesso discorso se le vittime un giorno fossero pari a 0, ma questa evenienza mi pare non si sia ancora verificata…).
Il collega ribadiva che è “normale” per gente col pelo sullo stomaco e giornalisti cinici.
“Normale” per me non significa giusto. Significa che qui non c’è più da raccontare un Iraq giorno-per-giorno, ma quello che è l’Iraq. Ma “normale” significa anche, appunto, invisibile. Perché non sono soltanto i giornalisti e chi i giornali li dirige ad attribuire minore spazio all’ennesimo attentato in Iraq. E’ che la notizia, davvero, è sempre la stessa.
La violenza genera assuefazione, certo. Ma anche la notizia provoca questo fenomeno, e anche tra i lettori.
(Oltretutto, credo che nelle persone a un certo punto scatti una naturale autodifesa, un meccanismo di corto circuito che le protegge dal peso enorme dell’orrore, un meccanismo senza il quale non si potrebbe vivere, e che fa da contraltare all’empatia).
Se i giornali devono essere prioritariamente contenitori di notizie, insomma, questo è e questo sarà.
Potrei dire: qui è chiamata in campo la politica, noi facciamo i giornalisti, diamo le notizie. Ma il nostro lavoro comprenderebbe anche la lettura delle notizie, e la loro intepretazione, credo. A questo servono le analisi, pur con la cautela necessaria.
E c’è modo e modo anche di dare la notizia. Ingabbiare tutto in uno schema grafico è un conto, e allora è normale che tutte le notizie diventino “normali”, anzi, normalizzate. Altro è segnalare gli eventi in modo diverso. Per esempio, una sorte di “bodies count”, un conta-vittime, sotto la testata del tuo giornale magari serve a comunicare qualcosa di più.