Leggo in giro che Pippi Calzelunghe sarebbe ora rivendicata dalla destra italiana (la destra ex postfascista).
Vorrei ribattere: lasciate stare Pippi e tenetevi Tolkien e la Compagnia dell’Anello!, ma sarebbe troppo facile, iscrivere quella o questo a quella o quest’altra corrente politica.
E’ chiaro intanto che c’è un meccanismo psicologico che tende ad accreditare alla propria parte, a sé, qualcosa che piace, un tema, un personaggio, inserendolo nella propria narrazione del mondo.
E’ chiaro anche che ci sono sinistre e destre, non una sinistra e una destra.
Tanto che oggi c’è una destra che festeggia il centenario del Futurismo, che non è il fenomeno dei bond future ma una corrente artistica rivoluzionaria (anche se non necessariamente di destra, visto che c’è anche il Futurismo di sinistra, con gente come Majakosvkij).
In quanto a Pippi, il personaggio che emerge dalla tv e dallo spettacolo in questi giorni ancora sulla scena a Roma (il libro invece non l’ho letto) è sicuramente anti-autoritario e femminista, esalta il valore dell’amicizia, quello della generosità, è informale (anzi, anti-formalista).
Ora, se questi sono valori in cui qualcuno di destra si riconosce, va benissimo. Anche se magari non c’entra un accidenti Tolkien (come titola inbece oggi in prima pagina il quotidiano di An).
Siccome domani qualche giornale riprenderà la questione (per l’uscita del Secolo), e dato che anch’io a suo tempo mi sono dilungato sulla fortuna “di destra” di Tolkien in Italia (anche se poi in molti a sinistra lo leggono, lo apprezzano e arrivano pure a rivendicarlo), forse sarebbe il caso di smetterla di fare ogni giorno un “caso” dove si dibatte se Pippi (o Pinco Pallino) sia di destra o di sinistra e di cercare di capire prima o poi perché continuiamo a usare queste categorie prive di senso, ormai, come destra e sinistra, come fossero orsacchiotti di pezza, appunto.