Di solito, scrivo recensioni o pseudo tali per diletto. Ma nel caso del romanzo di cui sto per parlare, mi sento il peso di una responsabilità: Elisabetta Bucciarelli mi ha spedito nei giorni scorsi il suo libro – pur sapendo che questo è davvero un blog da 25 lettori – perché si è accorta che leggo per davvero prima di scrivere, e non mi limito a sfogliare un po’ di pagine.
Corpi di scarto, uscito da poco per la collana VerdeNero delle Edizioni Ambiente, è un romanzo decisamente originale, nasce da una bella intuizione. E’ ambientato in una discarica (no, ve lo dico subito, il colpevole non è il netturbino…) e parla, appunto, di monnezza e di quel che ci ruota attorno. Non tanto le speculazioni e gli affari, che restano più sullo sfondo; quanto le persone che vivono nella discarica o, meglio, con la discarica, protetti dalla discarica, cercando e riutilizzando quelli che per alcuni sono rifiuti di cui disfarsi, per loro risorse (alla fine del romanzo c’è però una scheda tratta dal rapporto ecomafia di Legambiente che spiega il ciclo illegale dei rifiuti in Lombardia).
C’è poi un coté horror, rappresentato dalla Cosa, una sorta di Blob che poi sarebbe il percolato, quel liquido prodotto dalla decomposizione dei rifiuti, la cui presenza silenziosa grava su tutta la narrazione.
Del libro è particolarmente significativo l’inizio, le prime pagine. E’ una specie di poetica della monnezza piuttosto originale e insieme delicata.
Ma ci sono alcuni limiti, in Corpi di Scarto. Uno potrebbe anche essere un, come dire, un problema di percezione mio. Provo a spiegarmi. I protagonisti sono un po’ troppo stereotipati, sembrano rappresentare appunto delle categorie, sono prevedibili. Il ragazzo problematico. L’immigrato saggio. Il fratellino. Il pompiere coraggioso. Il chirurgo estetico compiaciuto. La ragazza bella ma distante (e un po’ superficiale). Ma considerando che il protagonista principale, Iac, è un adolescente, circondato da diversi altri giovani e giovanissimi, forse questo è stato pensato piuttosto, e raccontato in parte, come un libro per ragazzi (che non è un limite di per sé, ovviamente), con altri toni e altre intenzioni. E dunque gli stereotipi sono funzionali a uno scopo.
L’altro limite (se il primo è tale, appunto) è l’impianto noir, appunto. Un noir non è un poliziesco, né un giallo, non c’è un assassino da trovare. Però confesso che nel caso di Corpi di scarto manca fondamentalmente, secondo me, una trama.
Ci sono narrazioni di momenti, descrizioni, parabole, ma manca un intreccio solido. O m’è sfuggito. Per esempio, e spero di non svelare troppo, che fine fanno quelli che sversano veleni nella discarica e cercano di uccidere Nero, il cane di Iacp? A un certo punto sembrano scomparire, e con loro quella che credevo fosse la storia principale.
E anche il rapporto con Silvia a un certo punto conosce una svolta improvvisa , che cade un po’ a freddo, con la decisione della ragazza di farsi operare la seno.
Potrei citare altri passaggi, ma non vorrei comunque svelare troppo e rovinare la sorpresa della lettura di un romanzo che comunque resta interessante.