Libertà di (non) scelta, una sòla semantica [riforma elettorale]

[un altro esercizio di blogging in stato di malattia]

E’ difficile dire se il Parlamento riuscirà a fare una riforma elettorale in un anno, cioè entro la fine della legislatura. Il percorso su cui si sono accordati Pdl, Pd e Terzo Polo è piuttosto complesso, visto che prevede di avviare prima la riforma della Costituzione e poi di cambiare il sistema elettorale.

E’ ovvio che i tre puntano  a fare una riforma elettorale che li avvantaggi, e sarebbe strano il contrario. Pd e Pdl vogliono mantenere un sistema più o meno bipolare, Udc e terzopolisti vari non vogliono tanto il proporzionale, ma puntano soprattutto a contenere le altre formazioni politiche per poi mantenere le mani libere per allearsi col centrodestra o col centrosinistra secondo le condizioni.

Quindi, ammesso che i tre riescano a trovare un accordo, il sistema nuovo sarà una sorta di ibrido proporzionale-maggioritario, con le possibili varianti e di sicuro soglie di sbarramento (ma non vorrei annoiare troppo quelli che non condividono la mia insana passione per i sistemi elettorali).

Quello che però è già certo, è la sòla semantica che si sta consumando ai danni dei famosi elettori. Provo a spiegarmi.

La parola d’ordine che domina, nelle dichiarazioni degli ultimi mesi di Pd, terzopolisti e Pdl, è quella di basare il prossimo sistema elettorale sulla “restituzione della scelta degli eletti agli elettori”, visto che col cosiddetto “Porcellum” – cioè il sistema con cui votiamo dal 2006 – si vota su liste bloccate di nomi scelti dai partiti.
Qualcuno ha interpretato il messaggio come la volontà di tornare al voto di preferenza, ma non è così, stando a quello che si sa della possibile riforma. Metà dei parlamentari sarebbero infatti eletti in collegi uninominali maggioritari, l’altra metà su liste bloccate.
Prima del Porcellum, col famoso Mattarellum – con cui si è votato dal 1994 al 2001 – si sceglieva il 75% dei parlamentari con i collegi uninominali maggioritari e l’altro 25% su liste bloccate, quindi si potrebbe dire che non cambierebbe moltissimo, dal punto di vista della scelta degli elettori. E’ vero, e infatti secondo me la sòla c’era anche prima.

L’idea di fondo infatti è quella che gli elettori scelgano direttamente quando votano nei collegi uninominali, dove per ogni lista c’è un solo nome. Mentre, sostengono i partiti – soprattutto il Pd – con il voto di preferenza su lista c’è il rischio  in certe aree del Paese (cioè il Sud) che le organizzazioni criminali provino a influenzare le elezioni.

Ma gli elettori votano per un partito o per un candidato? In teoria l’uninominale (maggioritario: perché esiste anche l’uninominale proporzionale…) dovrebbe spingere i partiti a candidare una persona capace di attrarre il maggior numero possibile di voti.
Se l’assunto sia vero o no, però, non lo sappiamo, e credo che sia difficile spiegare così la vittoria di Silvio Berlusconi nel 1994 o quella di Romano Prodi nel 1996.
Quel che è certo, invece, è che sempre il partito a decidere il nome del candidato nel collegio uninominale e dei candidati su lista bloccata. E l’elettore ha solo il potere di votare per un’altra lista (o di non votare o annullare la scheda). Mentre non può dire: ok, io voto per questo partito perché ne condivido le idee, il progetto, la lista degli impegni o perché mi rappresenta, ma preferisco questo candidato a quest’altro, che mi rappresenta ancora meglio o che semplicemente mi è simpatico.

Quel che cambierebbe la situazione sono ovviamente le primarie. Solo che non si faranno per legge, perché non c’è sufficiente consenso nei partiti e tra i partiti, su questo punto.
E poi, anche se si facessero, non entrerebbero in contrasto con l’idea che il voto di preferenza (perché di questo si tratta) è a rischio di infiltrazione più o meno mafiosa? L’esempio di Napoli, con le primarie del Pd annullate in un clima di sospetti, è piuttosto recente, no?

Dunque – anche se il Pd sembra essersi impegnato sulle primarie e il Pdl ne sta discutendo – di fatto agli elettori non verrà restituita la tanto millantanta scelta.

[Chi scrive continua a preferire il sistema elettorale dei Comuni, che prevede liste, voto di preferenza, scelta diretta del sindaco e premio di maggioranza, anche se alcuni punti andrebbero rivisti per adattarlo a una dimensione nazionale e alla Costituzione, che non prevede elezione diretta del premier)

Un pensiero riguardo “Libertà di (non) scelta, una sòla semantica [riforma elettorale]

  1. Forse non è un caso che ne discutano in camere d’albergo o all’ambasciata italiana presso la Santa Sede la quale però ha sede nella Roma repubblicana.

    Comincio a rassegnarmi all’idea che questo Paese sia così. A volte va in tragedia, a volte in farsa, sempre e comunque co’ le zampe sotto ar tavolo. Con buona pace degli Stiff Little Fingers.

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