Aritanga i verdi (perchè li voterò e perché secondo me non serve rifondarli)

A fine giugno un gruppo di ex, post, simil e ancora verdi si ritroverà a Roma per discutere, in sostanza, di un nuovo “partito verde” che superi i verdi, il sole-che-ride, e che non parli solo di ambiente.

Ai lettori pigri, fornisco subito il menù di quel che penso io. E cioè: va bene tutto quel rafforzi il o un partito verde, ma le priorità sono:

1. organizzare un pensiero politico ecologista autonomo (cioè rimettere insieme le culture dei verdi, che esistono già) che ha una visione complessiva del mondo, che non è solo l’ambientalismo e che è alternativo ad altre culture politiche
2. organizzare un partito vero nella società, cioè nel rapporto con le persone, i territori, con i gruppi di cittadini, consumatori, utenti, lavoratori
3. sostenere una “mozione degli affetti”, perché gli aderenti, da persone solidali, condividano non solo idee ma anche  empatia e simpatia, che non sono valori politici ma che aiutano a fare politica insieme, come gruppo
4. slegare il partito da schieramenti precostituite e condizionare invece le alleanze agli obiettivi

Una prima discussione è avvenuta a metà aprile, lanciata da un gruppo di persone che hanno nuotato direttamente nell’arcipelago verde (definizione che risale a oltre 20 anni fa e che rende però bene l’idea della frammentarietà, oggi), a partire dall’ex ministro Edo Ronchi.
Ma le idee che hanno circolato su questa nuova cosa verde a me sono sembrate diverse, molto, anche troppo. Si va dall’idea di fare la lobby dei produttori di energie rinnovabili al partito vero e proprio, ovviamente legato al Partito Verde Europeo, passando per la rete e per il partitino ecologista più di sinistra oppure di centrosinistra, che guarda a Matteo Renzi.

Prima del 28 giugno, però, ci sono le elezioni amministrative, e il Sole-che-ride e anche Sel (che nel frattempo vuole aderire al Partito socialista europeo) saranno in lizza, spesso alleati. Prima domanda: che faranno i nuovisti? Per chi voteranno? Mistero.

Ho l’impressione che il 28 giugno, nonostante gli sforzi dei promotori, se e quando l’evento approderà su giornali e tv e altri media, il risultato sarà un titolo di questo tipo: “I verdi si rifondano (per la quindicesima volta)”.
Con tutta la comprensione che volete, ma un’assemblea di ex esponenti verdi degli ultimi 30 anni, di età media sui 50 anni, che però si propongono come nuovi, che altra impressione può dare?
E perché dovrebbero partecipare in massa i giovani, a un evento del genere, che si prepara come l’ennesima discussione congressuale, con scarso appeal su persone cresciute in un mondo completamente diverso da quello della politica tradizionale?

La differenza essenziale non è tra vecchio e nuovo (e certamente un giovane sembra più nuovo di una persona matura o anziana, concedetemelo), ma a questo punto tra uguale e diverso.
Il Pd è un nuovo partito, ma percepito come vecchio e uguale agli altri . Il Movimento Cinque Stelle è considerato alternativo, anche se il collante politico-elettorale che usa, la rabbia, non è il nostro (o almeno non è il mio).

Per questo, credo che dopo tutti questi anni di rifondazioni varie, di tentativi di costruzione di nuovi percorsi politici, sia meglio dire cosa si vuole fare (che non è la vituperata lista della spesa) e perché, cioè quali sono le idee e gli obiettivi.

Allora, alle elezioni comunali io voto verde, a prescindere da quel che dicono i sondaggi, perché dopo le elezioni voglio contribuire a organizzare un pensiero politico ecologista autonomo e a organizzare un partito verde vero nella società.
(ps. insomma, non un partito non più composto di piccole bande in lotta tra loro dagli anni 70, i cui segretari escono dal partito un minuto dopo la fine del loro mandato, che viene percepito come “costola” d’altri e dunque seconda o terza scelta, che non sperimenta modi diversi di fare politica ma si lamenta di essere sottovalutato dai media)

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