Umanoide, troppo umanoide

real-humans_poster

Sto, un po’ faticosamente (perché arrivo a sera abbastanza stanco) , guardando la prima stagione di una serie svedese che s’intitola Real Humans, del 2012, ancora mai uscita in Italia (qui la scheda di Wikipedia). Parla del difficile rapporto, in un presente alternativo, tra umani e robot umanoidi.

Qui non voglio discutere della sua qualità artistica (e comunque mi pare una bella fiction, anche se non originalissima, volendo, visti i precedenti di Blade Runner, per fare uno degli esempi cinematograficamente meglio riusciti), ma dei temi che tocca.

Quando Isaac Asimov scriveva le tre leggi della robotica , l’America faceva ancora pesantemente i conti con la questione razziale (senza confronto con oggi, davvero), e parlare di diritti dei robot in qualche modo poteva sembrare un piano obliquo per parlare di diritti dei neri. Oggi potrebbe essere lo stesso con i migranti, certamente (e i paesi scandinavi hanno un chiaro problema coi migranti e con i movimenti di estrema destra che stanno usando l’immigrazione come catalizzatore politico).

Ma a differenza che nel caso di Asimov, e anche di Philip K. Dick (autore della novella da cui proviene Blade Runner), oggi una discussione sulle intelligenze artificiali è molto molto più prossima. Perché le IA cominciano a essere tra noi.
Pensate alla vicenda del bot razzista di Microsoft. O leggete quest’articolo di Wired secondo cui presto non programmeremo i computer, ma li addestreremo come cani.

Quindi presto (un presto che non so valutare, ma vuol dire che può stare nella portata delle nostre vite) avremo davanti diversi problemi. Ne cito solo due: uno etico, ricorrente, grosso come una casa: che cosa è umano, cosa no. Uno economico-sociale-politico, anch’esso enorme: che fine farà il lavoro degli esseri umani.

Siamo abituati a paragonare il corpo umano a una macchina, ma costruiamo macchine antropomorfe. Perché? Perché cerchiamo di costruire altri “noi”. E ci stiamo riuscendo. E sarà sempre più difficile dire che una macchina che pensa e agisce non è umana solo perché non è fatta ancora di carne e sangue (probabilmente lo saranno, le macchine umane del futuro, o almeno saranno fatte di tessuti sintetici ma praticamente industinguibili da quelli naturali).
Questo comporterà necessariamente riflessioni e discussioni (e sommosse e violenze, temo) sul riconoscimento di diritti delle macchine umane, a un certo punto.

E’ dall’inizio della rivoluzione industriale che ci giriamo intorno. Ma la questione che le macchine tolgono il lavoro agli esseri umani è sempre più solida. La risposta data dai movimenti dei lavoratori è stata, ogni tanto, violenta. Il sabotaggio è stato un’arma di resistenza. Poi il marxismo ha fatto propria l’idea che le macchine contribuiscono a edificare lo stato socialista. Perché il problema ovviamente non sono le macchine. Il problema è la proprietà del lavoro.
Nel frattempo, però, degli stati socialisti realmente esistenti si sono perse le tracce. La rivoluzione digitale è sopraggiunta.
Ma quando le macchine che rubano il lavoro saranno antropomorfe, che accadrà? Non pensate solo ai robot domestici, appunto, pensate alle intelligenze artificiali in generale. Che sono in grado di sostituire ampie porzioni dei lavoratori del terziario, come i bot. Pensate agli hubot (li chiamano così in Real Humans) in grado di occuparsi degli anziani e in particolare di quelli non autosufficienti. Etc etc.

Insomma, bisogna cominciare a pensare a un’alleanza transumana contro il capitalismo, l’avete capito…

 

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