Ammazza quanto suona anni 80 l’album di Bruno Mars!
Non sono un fan di questo tipo, il cui stile somiglia per diversi aspetti a Michael Jackson (ma più funk): l’ho scoperto solo come cantante in Uptwon Funk di Mark Ronson. Ecco, diciamo che 24K Magic , il suo nuovo album, segue molto il solco tracciato da Uptown Funk. La prima traccia, quella che dà il titolo a tutto il disco, pare un pezzo alla Chaka Khan. Molto funk, molta energia, molti pezzi orecchiabili e commerciali e molti luoghi comuni musicali, ma il risultato è assolutamente piacevole.
Un bel disco è Here di Alicia Keys, che insieme a Erykah Badu e Beyonce è una delle voci del soul r’n’b (e hip hop) che amo di più. Conta 18 tracce, dura quasi un’ora, alterna ballate e pezzi ritmici (a partire da Gospel, che è una vera e propria marcia militare, e che ho già sentito decine di volte), e ha testi interessanti. Kill Your Mama parla del rapporto con la natura, Family Blended delle famiglie allargate, Work On It di quanto sia bello e difficile far funzionare una storia d’amore (ma ne vale la pena), per fare solo tre esempi.
Altra disco che emoziona (me): Madness, They Can’t Touch Us Now. Questo disco è una delle tante prove che si può fare musica insieme per trent’anni e continuare ad avere cose da dire e suonare. Ascolto i Madness da quando era un ragazzetto inquieto ( (un rude boy de’ Ostia) che trascorreva le giornate accompagnato da una colonna sonora tra ska, reggae e punk-rock, e pure considerandoli meno completi, più superficiali o forse meno pretenziosi degli Specials, li ho sempre amati.
E qui la canzone più fica di tutto l’album:
Altri album ascoltati / Il mestiere della vita, di Tiziano Ferro: confesso, Ferro mi piace, sin da quando faceva 2-step all’italiana. Negli anni la sua capacità di costruire canzoni complesse e insieme orecchiabili è migliorata, e i suoi testi non sono (quasi) mai scontati. E confesso che in certi caso riesce anche a farmi commuovere.
Darkness and Light di John Legend non è male. Ho cpmprato il primo disco di Legend, poi l’ho perso un po’ di vista. Dovrei ascoltarlo forse un po’ di volte in più per farmene un’idea più precisa. Invece, Starboy di The Weeknd non fa per me: nonostante le recensioni entusiastiche che leggo, trovo questo genere di pop banale e neanche così orecchiabile (aidatece gli Years & Years). Devo invece ascoltare ancora un po’ di volte anche Long Live The Angels, di Emeli Sandé.