Non ho visto le prime due puntate di Sanremo. Nonostante sia uno spettatore militante, e segua il festival da più di 40 anni – tutte le edizioni – in questo periodo mi sveglio più presto del solito e a una certa ora crollo.
Anche se la performance sul palco dell’Ariston è un pezzo importante, per valutare le canzoni e gli artisti, ho trovato un’alternativa: ho scaricato sull’iPhone la playlist del festival e ho iniziato ad ascoltare prima correndo e poi sullo scooter.
Quelle che riassumo qui, intanto, sono solo impressioni. A partire dal fatto che genericamente il livello è piacevole (oddio, è un termine che usa spesso mia madre, “piacevole”: un altro sintomo dell’invecchiamento), quanto non indimenticabile. Come però spesso succede a Sanremo. Non c’è niente di originale veramente, ma forse è anche troppo chiedere. La linea musicale è sempre più “global”, grossomodo un misto di pop, hip hop, trip hop, two step, world music, un po’ di rock.
Tra quelle che ho apprezzato di più, direi che ci sono le canzoni di Daniele Silvestri , Mahmood, Ghemon, Arisa (che mi ricorda un pezzo degli Scissors Sisters), Loredana Berté (forse perché non l’ho ancora vista).
Provo simpatia per Achille Lauro, giuro, che mi fa lo stesso effetto che Anna Oxa all’esordio a Sanremo. Lei era finto-punk, lui esprime la poraccitudine del would be gangsta-rapper che però vive a Vigne Nuove. L’accusa di plagio per la canzone degli Smashing Pumpkins (“1979”, che la maggior parte degli amici con cui guardo tutti gli anni Sanremo credo ignorino) mi pare, francamente, una stronzata. Il ritmo è già sentito, vero, ma mica solo in quella canzone.
Non è male la canzone di Livio Cori & Nino D’Angelo. Certo, Cori non è Liberato, ma non è male.
Confesso che pure se è simpatico, Cristicchi con le sue canzoni non mi convince. Non mi dispiace neanche, ma spesso suona inutile e inutilmente pretenzioso.
Mi ha deluso Ultimo, che spesso i miei figli cantano in macchina. Pare una versione minore di Tiziano Ferro.
Nek, che non potrò mai dimenticare per quella strofa sulle “mani cucciole”, continua a fare musica scopiazzata qui e lì, altre volte più simil-U2, stavolta più pop-techno. C’è di peggio. I Negrita sono sempre sostanzialmente retorici, ma il ritornello mi piace (Ma non mi va di raccogliere i miei anni dalla cenere, voglio un sogno da sognare voglio ridere / Non mi va, non ho tempo per brillare voglio esplodere). Il genere degli ex-Otago non è il mio preferito, ma in fondo fanno il verso ai Coldplay, c’è di peggio.
Zen Circus e BoomDaBash: caruccetti, ma niente di più (anche se apprezzo sempre il reggae, e dunque avevo aspettative sui BoomDaBash, ma il testo è disarmante). Idem per Shade & Federica Carta (che canta sullo stesso tono di Francesca Michielin o faccio confusione io???) e per Motta.
Niente di che Patty Pravo e Briga, ma forse dovrei risentirli.
Da scartare, subito (lo so, pesano i pregiudizi) Anna Tatangelo, Il Volo, Francesco Renga (la cui popolarità per me resta un mistero). Enrico Nigiotti pare la colonna sonora adatta per questa maggioranza gialloverde (o rossobruna), con quella nostalgia canaglia che non reggo.