
I sondaggisti fanno il loro mestiere e, soprattutto, lavorano su commissione: quindi, nelle settimane scorse, sollecitati dai media, hanno provato a capire quanti voti potrebbe valere un ipotetico “partito delle sardine”.
L’informazione politica italiana ha orrore del vuoto, per così dire; e spesso sembra incapace di fare cronaca senza ricorrere a drammatizzazioni, presunti complotti, retroscena che si reggono su singole frasi, come se tutto fosse riducibile sempre a una serie tv. Mentre la realtà spesso è più noiosa, complicata e con tempi più lunghi di una legislatura.
Ovviamente i promotori di questo movimento, che finora ha raccolto nelle piazze italiane alcune decine di migliaia di persone, unite soprattutto dall’opposizione alla Lega di Matteo Salvini, hanno smentito di voler fondare un partito. E lo stesso hanno fatto, prima di loro, altri movimenti di piazza più o meno di centrosinistra che si sono manifestati brevemente negli ultimi 25 anni, cioè dalla fine della cosiddetta Prima Repubblica.
Pensare alle “sardine” come a una nuova forza politica organizzata è probabilmente un esercizio opposto a quella che sembra la caratteristica principale di questo movimento, cioè la volontà di unire l’opinione pubblica di “centrosinistra”, a partire da valori come l’antifascismo e l’opposizione al razzismo. La nascita delle “sardine” pare invece la reazione di piazza di questo elettorato – che va da una parte di grillini delusi a militanti di sinistra – all’ascesa al potere della destra estrema incarnata da Salvini. Anche se nel frattempo la Lega non è più a Palazzo Chigi e il Pd si è alleato con il M5s.