
Una necessaria premessa, che per qualcuno forse suonerà inutile: vegetariani e vegani, crudisti e frugivori, pescetariani, macrobiotici e flexitariani, possono ammalarsi di Covid-19 come un onnivoro qualsiasi. Non c’è nessuno studio che indichi il contrario.
Probabilmente i vegetariani hanno minori rischi di malattie cardiache – lo indicava a settembre 2019 una ricerca dell’Università di Oxford – ma in compenso per loro aumenterebbero i rischi di ictus. Poi, ovviamente dipende da quanto tempo una persona ha abbracciato un sistema regime alimentare senza o con poca carne (e derivati), da quali patologie soffra, dalla sua età. Ma il vegano (o il vegetariano) “immune” non esiste, per la semplice ragione che il virus si trasmette anche tra gli esseri umani: non soltanto da altri animali a persone e solo in casi sporadici.
Ma è proprio l’origine in altri animali di certi virus, le cosiddette zoonosi, che sembra contribuire all’aumento di coloro che non vogliono più consumare carne. E alcuni segnali economici già si registrano.
In Cina – che pure è il principale allevatore mondiale di suini, tra i principali esportatori di pollame e dove, soprattutto nel sud, c’è una cultura del consumo di carne “esotica” – c’è un boom nella vendita di cibi con proteine vegetali e non più animali, indicava a fine aprile un reportage dell’agenzia Reuters.
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