Ecco cosa scrive il direttore Pintor ai centri del Manifesto, tre settimane prima che il quotidiano inizi le pubblicazioni (il primo numero esce il 28 aprile), in una lettera inedita conservata da Aldo Garzia.
Ho citato la lettera nel libro “Il giornale-partito. Per una storia del Manifesto”, pubblicato dalle edizioni Odradek.
Cari compagni, la discussione che abbiamo fatto a Bologna a proposito del giornale ha sottolineato ancora una volta come questa iniziativa assume un significato politico e non puramente “editoriale” solo nella misura in cui il quotidiano sia espressione del movimento di lotta. Non è un obiettivo facile: è certo, comunque, che una delle condizioni (anche se non la sola) per sperare di raggiungerlo sta nella attiva collaborazione dei Centri del Manifesto al lavoro redazionale.
Come sapete, in sei città (Torino, Milano, Venezia, Bologna, Napoli e Palermo) abbiamo un corrispondente che lavorerà a tempo pieno. Il bilancio ristretto non ci consente di avvalerci di un vero e proprio redattore in altre città; ma, come si è detto a Bologna, bisogna impegnare ovunque uno o più compagni perché assolvano a questa funzione. È dunque necessario che voi ci comunichiate al più presto il nome ed il numero di telefono del compagno cui avete affidato questo incarico affinché sia possibile contare su una precisa responsabilità e sentirsi “garantiti” relativamente alle notizie della zona dove il centro opera. È chiaro che specialmente nelle provincie più grandi sarà necessario che il corrispondente si avvalga di una rete di informatori il più possibile definita (nelle fabbriche principali, nelle scuole, nelle Università, ecc.) Occorre inoltre stabilire un contatto con qualche compagno che lavora nel sindacato per avere tempestivamente le notizie relative alle lotte non previste e che raramente vengono fornite dalle agenzie di stampa.
Il compagno corrispondente dovrebbe telefonare al giornale nei casi in cui le notizie gli sembrano rilevanti, tenendo conto che è necessario che ciò avvenga in mattinata o nelle prime ore del pomeriggio.
La chiusura del giornale è infatti piuttosto anticipata rispetto a quella dei normali quotidiani (18-18,30) e comunque la maggior parte degli articoli deve andare in tipografia verso le 4 del pomeriggio.
Per dare le notizie è sufficiente trasmettere i dati più importanti con molta precisione, anche in forma di appunto e non di articolo scritto. Poiché solo qui a Roma in sede redazionale, dove giungono tutte le notizie, è possibile fissare l’ampiezza che va data a ciascuna, è anzi meglio non trasmettere articoli ma solo appunti. Eventualmente sarà la redazione stessa a chiedere al corrispondente – se ce n’è il tempo – di scrivere un articolo (anche per il giorno successivo) sulle notizie pubblicate e in questo caso verrà anche precisata la lunghezza del pezzo.
Ci sono comunque una serie di fatti di cui si può dare notizia anche qualche giorno dopo, perché non strettamente legati alla cronaca quotidiana: in questo caso è possibile inviare gli articoli per posta espressa o per “fuori sacco” (secondo le indicazioni che vi forniremo al più presto).
Infine: la redazione dovrebbe poter rintracciare rapidamente il corrispondente, che dunque dovrebbe avere un recapito presso cui poter lasciare un messaggio urgente. Spesso, infatti, verremo a conoscenza dei fatti a Roma attraverso le agenzie prima dello stesso corrispondente, ma sarà necessaria la sua collaborazione per una esatta interpretazione di quanto è avvenuto.
Tutte queste indicazioni rischiano di configurare un impegno assai gravoso per il compagno che si assumerà la responsabilità del corrispondente: in effetti si tratta di un lavoro decisivo per il giornale e che non può essere lasciato alla spontaneità.
Tuttavia, va ricordato che il giornale ha solo quattro pagine ed è privo di cronaca: il che vuol dire non soltanto che le notizie che interessano sono solo quelle a carattere politico, ma che anche queste verranno pubblicate solo in quanto rivestano un interesse nazionale.
In sostanza, tanto per fare un esempio, ci sono molti avvenimenti che si svolgono a Firenze che interessano i fiorentini, ma solo pochi che interessano contemporaneamente anche i lettori di Milano e di Roma. Il corrispondente deve dunque sforzarsi di avere un’ottica “nazionale” e non provinciale: egli scrive, cioè, per un giornale nazionale e non per la cronaca della sua città. Adottare questo criterio rende rende più difficile il lavoro, richiede maggiore intuito politico e riflessione, ma in compenso assorbe meno tempo.
Attendiamo dunque al più presto l’indicazione del compagno a cui avete deciso di affidare questo incarico. Tenete conto che stiamo già lavorando come se il giornale uscisse, perché è necessario fare alcuni numeri di prova: abbiamo perciò bisogno subito dei corrispondenti perché anche questo è un aspetto del lavoro redazionale (e non certo secondario) che va sperimentato prima dell’uscita del quotidiano.
Dalla lettera di Pintor, si comprendono immediatamente le difficoltà anche giornalistiche in cui il nuovo quotidiano si dibatte: mancano veri e propri giornalisti, in maggior parte si tratta di politici “prestati” alla professione, con l’ausilio di giovani leve dell’organizzazione. Le penne più famose sono, oltre a Pintor, Luciana Castellina e Valentino Parlato, cui si aggiungono Michele Melillo (ex caporedattore del “l’Unità”) e Luca Trevisani.
Ma i problemi più grossi, li riserva la necessaria rete di collaboratori e corrispondenti, per i quali è necessario pescare nelle fila dell’organizzazione. Una volta trovati i collaboratori e accertata la loro disponibilità – si tratta prevalentemente di studenti – il problema è quello di riuscire a farli adeguare a certi standard giornalistici cui “il manifesto” più che altre testate è legato. Prima di tutto la brevità dell’articolo, dunque la capacità di sintesi dell’estensore. In secondo luogo, e la lettera lo dice molto chiaramente, la capacità selettiva di individuare avvenimenti e temi che esulino dall’interesse locale per entrare in ambito nazionale, per fare cioè “notizia”. Molto spesso gli articoli originariamente inviati dai collaboratori vengono dimezzati o addirittura riscritti, mantenendo i dati informativi ed eliminando il commento o l’analisi della situazione politica.